Chi fa i conti con Tremonti
Croce e delizia. Forse non c'è altro modo per descrivere la vicenda politica di Giulio Tremonti e i suoi 17 anni al fianco di Silvio Berlusconi. Delizia quando gli è toccato, soprattutto in questi primi anni di governo, di affrontare le sfide della crisi economica. Una capacità che gli viene riconosciuta, con attestati di stima, soprattutto in Europa. Ma Tremonti è anche croce. Destino probabilmente inevitabile quando si tengono in mano, ben stretti, i cordoni della borsa. Così i nemici non mancano. Nel 2004 furono gli strali di Gianfranco Fini a costringerlo alle dimissioni (tornerà quasi un anno dopo). Ora arriva l'attacco del ministro dei Beni Culturali Giancarlo Galan che, intervistato dal Giornale, non usa mezzi termini: con il «socialista» Giulio si perdono le elezioni. Per il ministro dello Sviluppo economico Paolo Romani si tratta di «normale dibattito». Ma l'impressione è che si tratti di un attacco premeditato anche perché accompagnato da una punzecchiatura di Claudio Scajola che di Tremonti non è certo amico: serve più coraggio per lo sviluppo. Così il «normale dibattito» diventa l'ennesima puntata dell'autolesionismo targato Pdl. Dopotutto sono mesi che il titolare di via XX Settembre, considerato troppo vicino alla Lega, è indicato come possibile «killer» del Cavaliere. Che però ribadisce il sostegno al ministro e lo convoca a Palazzo Grazioli per un faccia a faccia di due ore (prima di lui era stato ricevuto Scajola). Un incontro duro. Tremonti non crede che Il Giornale abbia agito di nascosto dal premier a cui chiede la fine degli attacchi interni mirati ad indebolirlo. Poi avverte che l'economia va meglio, ma non ci sono «crostate da dividere». Occorre essere prudenti. A tarda sera Berlusconi parla al telefono con Galan. Un colloquio, secondo fonti vicine al ministro, «cordiale e affettuoso»: ogni approfondimento è rinviato a dopo le elezioni amministrative. Nel frattempo «sarà assicurata l'unità del partito per ottenere un successo elettorale». Nel frattempo, però, Giulio medita il gesto estremo: le dimissioni. Nei giorni scorsi ne ha parlato con gli amici. Forse non lo farà, forse sì. Di certo, senza di lui, per il governo si aprirebbe una stagione terribile.