Tremonti contro la burocrazia
Il ministro dell'Economia Giulio Tremonti punta il dito sul comportamento a volte vessatorio dell'amministrazione pubblica nei confronti delle imprese. Controlli a tappeto, continui accessi, ispettori, vigili urbani, vigili del fuoco infatti opprimono il sistema produttivo. Non vanno tolti ma le azioni di verifica amministrauva vanno «concentrate» spiega il ministro. Gli strali contro la burocrazia arrivano dal responsabile del dicastero di via XX settembre durante un'audizione sulle norme anti-scalata alla Camera. Se sono le più piccole quelle a soffrire la cappa della burocrazia anche le società più grandi però non se la cavano meglio: quotarsi infatti - secondo il ministro - costa «una follia: 8 milioni per una società di 80». La posizione espressa dal ministro incassa l'ok degli imprenditori tutti: piccoli, medi e grandi. E anche i consumatori sono d'accordo ma chiedono di abbassare la pressione più sui contribuenti singoli che sulle imprese. Bankitalia infine riprende il tema dell'evasione: se si rafforza la lotta si possono abbassare le aliquote. Tremonti ha sostenuto che «i controlli fiscali, gli accessi e le visite alle imprese sono eccessivi con costi come tempo perso, stress, e occasioni di corruzione. Un'oppressione fiscale che dobbiamo interrompere». Non è solo un attacco. perché Tremonti correda la lamentela con una proposta, ferme restando le regole sulla sicurezza sul lavoro: «Potremmo immaginare una qualche tipo di concentrazione, salve esigenze di controllo erariale e così ridurre il continuo controllo sulle imprese. Ne va via uno, e dopo un po' arriva il vigile urbano. Ci abbiamo già iniziato a lavorare. Fermo discorso sicurezza lavoro. Serve o un coordinamento dall'alto o un diritto dal basso: il diritto di dire "non mi rompere più di tanto...». Fin qui il futuro. Ma c'è anche il presente con i conti pubblici sui quali sarà giocoforza intervenire per rispettare le indicazioni dell'Unione Europea. Per Bankitalia «l'Italia deve concentrare gli sforzi sul contenimento della spesa per centrare gli obiettivi di pareggio di bilancio nel 2014 previsti dal Def. Obiettivi che «sono ambiziosi», mentre «misure concrete» per il biennio, come chiedono le nuove regole di bilancio, devono essere definite già a settembre. Il vicedirettore generale della Banca d'Italia Ignazio Visco nel corso dell'audizione alle commissioni riunite di Senato e Camera per l'analisi del Def ha ribadito come la stima di 35 miliardi per la correzione nel biennio «non l'ha inventata la Banca d'Italia» ma è contenuta nel documento stesso governativo (che parla del 2,3% del Pil nel 2013-2104) ed è «giusta e prudente». Una stima che la Corte dei Conti peraltro ha elevato a poco meno di 40 miliardi di euro. La Corte ha bacchettato il governo anche sulla mancanza di un'incisivo piano di riforme. L'impulso derivante dal programma di riforme dell'Italia «fin qui attuato risulta limitato» e «non sufficiente a condurre i valori di crescita in prossimità di quel 2% che rappresenterebbe il valore in grado di conciliare l'obiettivo di riduzione congiunta dell'indebitamento e del debito pubblico, come richiesto dalle nuove regole europee». Questo il giudizio tranchant del presidente della magistratura contabile Luigi Gianpaolino.