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"Come Welby rifiutò le cure ma lui sarà santo"

Papa Wojtyla

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Una domanda. Che lo speciale dedicato da Micromega a Giovanni Paolo II - speciale non per celebrarlo ma per criticare la sua beatificazione - sia una sorta di vendetta di Paolo Flores D'Arcais, che la laicissima rivista filosofico-politica dirige? Insomma, una scudisciata alla memoria, non riuscendo D'Arcais a dimenticare la «pagina anatema» - la chiama così - che l'Osservatore Romano dedicò al suo saggio sulla «Fides et ratio» firmata da Wojtyla nel 1998? D'Arcais si leva il sassolino dalla scarpa e chiama Fernando Savater a contestare l'enciclica della discordia. «La Fides et Ratio - è la tesi del pensatore spagnolo superstar - può riscuotere un'iniziale simpatia. Non si leggono tutti i giorni coraggiose difese della verità con la maiuscola. Ma la simpatia è presto destinata a lasciare il campo alla delusione: la filosofia di Wojtyla è ancora ancilla teologiae». E già, perché un papa per non essere oscurantista deve dimenticare la voce Dio - ché di questo tratta la teologia - nelle proprie speculazioni. E Wojtyla - abituato a uscire dal protocollo, a cantare con i giovani, a infilarsi il cappello degli indigeni - se poi è teologo, be', delude. Le bucce a Giovanni Paolo II Micromega le fa su innumerevoli fronti. Scava nella presupposta «titubanza a intervenire sugli abusi sessuali». Tira fuori il «pieno sostegno ai Legionari di Cristo del discusso Maciel». Arriccia il naso sull'«inflazione di santificazioni dal grande valore mediatico» ma poi gli rinfaccia la carenza di miracoli. Insomma Wojtyla non va bene né quando fa, né quando non fa. Ed è curioso che i laici per eccellenza riuniti attorno a D'Arcais (tra gli altri Gianni Vattimo, Massimo Cacciari, Emanuele Severino, Vincenzo Paglia) boccino Wojtyla perché - oltre ad aver buttato giù l'Urss insieme con il Muro di Berlino - non ha firmato un adeguato numero di prodigi. Del resto Giovanni Paolo II non va bene neanche quando fa il suo mestiere, ovvero mantenere la barra della Chiesa ferma su certi principi indiscutibili, come il celibato ecclesiastico. E non va bene neanche quando boccia la guerra: «Con questo messaggio di intransigente pacifismo ha conquistato molti consensi in settori molto lontani della Chiesa. Ma in realtà ha dichiarato guerra alla modernità e al suo fondamento: lo spirito critico del pensiero laico. E in questa battaglia non si è trovato affatto solo, potendo contare sull'appoggio degli altri fondamentalismi religiosi e di troppi orfani del marxismo». Un Papa da contestare, comunque. Salvo poi servirsene appioppandogli l'etichetta di campione dell'eutanasia. Chi sventola in Micromega la bandiera della «dolce morte di Karol Wojtyla» è Lina Pavanelli, che sull'argomento ha scritto un libro «pressoché ignorato in Italia». La sua tesi è che Giovanni Paolo II ha «rifiutato una terapia (la nutrizione artificiale adottata in tempo utile e continuativamente) che la Chiesa considera moralmente obbligatoria (altrimenti è eutanasia)». Insomna «un'attenta analisi delle condizioni di salute di Giovanni Paolo II nelle ultime settimane della sua esistenza dimostra che non gli sono state praticate alcune cure che avrebbero potuto tenerlo in vita ancora a lungo. Il vecchio papa le ha rifiutate perché le considerava troppo gravose. Lui diventerà santo, a Piergiorgio Welby sono stati rifiutati persino i funerali». Occhio per occhio, dente per dente. Il papa, nella semincoscienza delle ultime ore, sussurrò «Lasciatemi tornare alla casa del Padre». Le sue parole vengono scippate per fargli volere quel che non avrebbe voluto.

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