Giustizia, Napolitano si infuria

È rimasto fuori dalla mischia per giorni. Un silenzio che in molti hanno interpretato come la volontà di non lasciarsi coinvolgere in uno scontro all'ultimo sangue sulla giustizia. Dopotutto, quando durante la sua visita a Praga gli era capitato di commentare l'approvazione della prescrizione breve, il Capo dello Stato Giorgio Napolitano era stato immediamente tirato per la giacca dalle diverse fazioni in lotta. Ed era stato costretto a spiegare che non era sua intenzione intervenire «preventivamente» sul testo licenziato dalla Camera. Nelle ultime ore, però, il clima è diventato piuttosto incandescente e il presidente della Repubblica ha deciso di intervenire. Il suo richiamo è contenuto in una lettera invita al vicepresidente del Csm Michele Vietti in cui Napolitano annuncia la decisione di dedicare la celebrazione della Giornata delle vittime del terrorismo e delle stragi, prevista il 9 maggio, «in particolare ai servitori dello Stato che hanno pagato con la vita la loro lealtà alle istituzioni repubblicane». «Tra loro - sottolinea -, si collocano in primo luogo i dieci magistrati che, per difendere la legalità democratica, sono caduti per mano delle Brigate Rosse e di altre formazioni terroristiche». Il riferimento non è certo casuale. I manifesti apparsi in questi giorni a Milano («Via le Br dalle procure») sono stati condannati da tutte le forze politiche. E anche il Capo dello Stato non usa mezzi termini: «La scelta che oggi annunciamo per il prossimo Giorno della Memoria costituisce anche una risposta all'ignobile provocazione del manifesto affisso nei giorni scorsi a Milano con la sigla di una cosiddetta "Associazione dalla parte della democrazia", per dichiarata iniziativa di un candidato alle imminenti elezioni comunali nel capoluogo lombardo». «Quel manifesto - attacca il Capo dello Stato - rappresenta, infatti, innanzitutto una intollerabile offesa alla memoria di tutte le vittime delle Br, magistrati e non. Essa indica, inoltre, come nelle contrapposizioni politiche ed elettorali, e in particolare nelle polemiche sull'amministrazione della giustizia, si stia toccando il limite oltre il quale possono insorgere le più pericolose esasperazioni e degenerazioni. Di qui il mio costante richiamo al senso della misura e della responsabilità da parte di tutti». Insomma, al Quirinale c'è preoccupazione per la contrapposizione che si sta creando tra magistrati, governo e cariche istituzionali. Così il Capo dello Stato chiede di abbassare i toni. Dopotutto il messaggio di Napolitano è sempre stato chiaro: riformare la giustizia non è un tabù, ma questo deve avvenire attraverso il confronto e la più ampia condivisione. Ma le sue parole lasciano «esterrefatto» Roberto Lassini, presidente onorario dell'associazione che ha stampato e affisso i manifesti di Milano, indagato dalla procura con l'accusa di vilipendio all'ordine giudiziario: «Hanno montato un caso e addirittura fatto scomodare il presidente della Repubblica». In ogni caso Lassini assicura che non rinuncerà alla sua candidatura alle comunali milanesi nelle file del Pdl. E mentre il vicepresidente del Csm invita tutti a riflettere sulle parole del Capo dello Stato, le opposizioni leggono nel suo richiamo la possibilità di avviarsi verso elezioni anticipate che ormai considerano l'unico modo per chiudere l'esperienza berlusconiana. Ma se il Pd evita di chiamare apertamente in causa Napolitano, Antonio Di Pietro lo invita a sciogliere le Camere se a giugno passeranno i referendum.