Elezioni, Berlusconi: "Voto politico"

Silvio non si ferma più. La campagna elettorale per le amministrative è ufficialmente aperta, e lui è pronto, ancora una volta, a dare il meglio di sé. Berlusconi sceglie Milano come prima tappa del tour di sostegno ai candidati del Pdl. Napoletano a Napoli, lampedusano a Lampedusa, questa volta il Cav gioca in casa davvero. Ricorda la sua gioventù in città, il seminario, gli anni trascorsi in Svizzera durante la guerra. «Mamma Rosa - racconta - mi faceva cantare "O mama mia, mi sun luntan"... la conoscete? La cantiamo?», chiede agli oltre mille sostenitori che riempiono il «Teatro nuovo». Il coro dei «sì» è unanime. Il ghiaccio - qualora ve ne fosse bisogno - è rotto. Il premier dal palco dirige e canta la sua «Nustalgia de Milan» ed è subito una festa. Le amministrative, però, non sono uno scherzo e Berlusconi, tornato serio, mette subito le cose in chiaro: «Dobbiamo vincere al primo turno, per rafforzare il governo nazionale. Sono elezioni cittadine, ma forse più nazionali», ammette. Il suo impegno al fianco del sindaco uscente Letizia Moratti come capolista del Pdl lo dimostra: «Il berlusconismo non è al tramonto, a Milano supereremo i 53 mila voti delle ultime elezioni», rilancia invitando i presenti - un po' come aveva già fatto sabato a Roma - a trasformarsi in «missionari della libertà» per convincere gli indecisi e spiegare loro «che cosa sono i comunisti». Dopo essersi speso in prima persona per il sindaco Moratti, il Cav torna in trincea a combattere la sua battaglia. Quella contro le toghe. «Avviso ai naviganti della Procura - dice - la riforma della giustizia la faremo anche se faranno fuori Berlusconi, perché avremo sempre la maggioranza nel Paese. Ma anche questa volta - aggiunge subito dopo - scommetto che non ce la faranno a farmi fuori». Berlusconi, pur continuando ad attaccare frontalmente «le cellule rosse dei pm» e la Corte costituzionale, questa volta punta il dito in modo specifico contro Gianfranco Fini. Lo aveva già detto in passato e lo ripete: tra il presidente della Camera e la magistratura c'è un «pactum sceleris: "Voi proteggete me e i miei uomini - ha detto lui ai giudici - perseguite Berlusconi e io vi garantisco che fino a quando sarò nel Pdl e presidente della Camera, nessuno potrà fare una riforma della Giustizia che vi dispiaccia"», attacca il premier. Le sue parole arrivano subito a Fini. La replica del leader di Fli è netta: «L'escalation di quotidiane menzogne di Berlusconi non è più tollerabile. Per l'ennesima volta, il presidente del Consiglio ha detto di avere le prove di un patto scellerato che avrei sottoscritto con la magistratura per impedire le riforme della giustizia. Lo sfido a dimostrare quel che dice: dica il nome del magistrato che glielo avrebbe detto, e fornisca le prove a sostegno delle sue parole: se non risponderà, cosa di cui sono certo, gli italiani avranno la prova che non sa cosa significhi la parola vergogna», contrattacca. Anche l'Anm non gradisce: «Quando Berlusconi dice che l'Anm avrebbe firmato accordo con Fini dice una bugia, una grave calunnia», replica il segretario Giuseppe Cascini. «C'è un'escalation di attacchi che sta diventando intollerabile, alla cui origine due problemi: le amministrative e i processi giudiziari in corso», gli fa eco il collega Luca Palamara. Il Cav, intanto, va dritto per la sua strada. Difende le leggi che permettono al presidente del Consiglio di affrontare i processi una volta che ha finito di «occuparsi a tempo pieno degli interessi del Paese», sentenzia una volta per tutte che «l'abrogazione dell'immunità parlamentare è stato un errore gravissimo» e ribadisce che «non è uno stato veramente libero e civile quello che consente il controllo di tutte le telefonate». L'affondo sulle intercettazioni si unisce al ricordo dell'«amata» Milano. «Non ci sono più negozi dove andavo a comprare le pipe da regalare al papà, né dove andare a comprare le meringhe per la mamma - racconta - Adesso c'è la Tim, dove non vado perché al premier è vietato avere il telefonino, perché ci sono tutte le procure d'Italia che lo intercettano». Boccassini e compagni interessati al «bunga bunga», comunque, non esultino. Silvio li ha fregati: è «tornato a scrivere lettere d'amore».