Il Pd scarica Lombardo
Il partito Democratico è pronto a staccare la spina a Raffaele Lombardo. Ma il governatore della Sicilia non intende mollare la poltrona e lancia un messaggio chiaro al Pd: o con me o si va alle urne. Ad innescare la mina lo stesso Pier Luigi Bersani, in seguito alla notizia della chiusura delle indagini per concorso esterno in associazione mafiosa, notificata al presidente della Regione siciliana da parte della procura di Catania. «Questi fatti – annuncia Bersani – richiedono una riconsiderazione della situazione politica nel governo della Regione». In sostanza, il leader Pd è preoccupato in quanto sarebbe più che un azzardo attendere i primi di maggio quando la procura etnea deciderà per il rinvio a giudizio di Lombardo o l'archiviazione. Quindi non c'è più tempo, occorre «una riconsiderazione», per dirla con Bersani. Che forse vuol dire scaricare il governatore. Altro colpo basso per Lombardo arriva da Walter Veltroni che, oltre a sollecitare i vertici del suo partito («non abbiano paura») a far uscire il Pd dalla giunta Lombardo, chiosa: «Si chiuda l'esperienza di governo in corso». Insomma, se Bersani, nonostante il bel da fare che lo impegna in questi giorni a Roma, mette mano in prima persona sulla giunta Lombardo, si ha l'impressione che senta puzza di bruciato. Stessa aria sembra annusare il democratico Ignazio Marino, che sentenzia: «Per il governatore siciliano l'avviso di garanzia è praticamente certo e il Pd non può più aspettare, deve decidere». E Lombardo? «Io non mi dimetto, resto al mio posto perché non vedo ragioni per fare diversamente – rilancia – Se non ci sono le condizioni, si torna al giudizio degli elettori». Ribadisce la sua innocenza, Lombardo, ma spiega, comunque, di prendere atto «della dichiarazione di Bersani». E rivolgendosi al Pd conclude: «Ho espresso apprezzamento per un partito che ha sostenuto la nostra azione di governo, ma non consento a nessun partito di giudicare né la mia credibilità né la mia onorabilità».