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Sì al processo breve

Silvio Berlusconi

Napolitano: valuterò

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Via libera della Camera al disegno di legge sulla prescrizione breve. Dopo una "duegiorni" intensa e combattuta, che ha tenuto deputati e ministri inchiodati alle sedie, l'Aula di Montecitorio ha approvato il testo con 314 voti a favore e 296 contrari. La cosa strana, a fine giornata, dopo i ripetuti duelli con cui, senza esclusione di colpi, maggioranza e opposizione si sono affrontate durante la lunga maratona, è che sembrano essere tutti contenti. Contenta - e ci mancherebbe - è la maggioranza, che si è dimostrata compatta ed è riuscita a portare a casa senza alcun intoppo un provvedimento cui teneva molto. Soddisfatto Silvio Berlusconi, che loda il comportamento tenuto in aula dai suoi. Ora - spiega il Cav ai suoi collaboratori - «sarà tutto in discesa, andiamo avanti dritti come un treno con riforma della giustizia e dell'architettura costituzionale. La maggioranza è salda, compatta e cresce. E presto crescerà ancora». Al contrario di un'opposizione che - secondo il premier - in questi giorni «ha fatto solo una figuraccia. Sono allo sbando». Da parte del Carroccio, strattonato più volte dal centrosinistra nel disperato tentativo di seminare zizzania, non è arrivata nessuna titubanza. «Questo voto ci dice che i numeri ci sono» - commenta sicuro il leader della Lega Umberto Bossi arrivato in serata in Transatlantico. Ma una certa soddisfazione - e già qui i conti non tornano - arriva anche dal Partito democratico. «Abbiamo fatto una splendida battaglia, con un risultato indiscutibile», spiega Pier Luigi Bersani rivendicando la strategia attuata dai suoi per tentare di bloccare l'approvazione del processo breve. «Una legge che doveva passare nel silenzio, durante la visita del premier a Lampedusa, è stata messa davanti agli occhi degli italiani per settimane - ricorda - Li abbiamo aiutati a comprendere usando gli strumenti del regolamento e faremo sempre così», minaccia. I democratici, insomma, non hanno dubbi: il governo, approvando questo provvedimento, «nella coscienza dei cittadini ha fatto un passo verso l'abisso». Sarà. E dire che le cose non sono andate proprio così bene per l'opposizione. La giornata riserva meno colpi di scena della precedente. All'inizio, durante la lettura del processo verbale della seduta di martedì, ci prova Roberto Giachetti, «deus ex machina» dell'ostruzionismo targato Pd, a accendere un po' il clima attaccando Gianfranco Fini. «Da quando è sotto attacco di Pdl e Lega, lei è il peggior presidente della storia», urla rivolgendosi verso lo scranno più alto di Montecitorio. Salvo poi scusarsi e attestare la sua stima nei confronti del presidente della Camera. Le ore passano con la votazione serrata degli emendamenti. Peppino Calderisi (Pdl) si diverte con i colleghi che si concedono una pausa appena fuori dall'Aula: «Si vota, si vota», urla. Tutti rientrano correndo, ma è solo uno scherzo. La maggioranza comunque, al gran completo, respinge tutte le proposte di modifica avanzate da Pd e Idv con uno scarto sempre netto, che è arriva fino ai venti/trenta voti subito dopo l'interruzione per il pranzo, che vede attardarsi i rappresentanti del centrosinistra. Tutto procede con noiosa monotonia. I deputati - tra iPad e cellulari - si concedono non poche distrazioni. Gli unici sempre e rigorosamente attenti sono il solito Giachetti (Pd) e Simone Baldelli (Pdl). Sono i due deputati che svolgono il ruolo di "pizzardoni": indicano cioè ai rispettivi schieramenti se votare contro o a favore mettendo in bella mostra il pollice - verso o all'insù - e urlando «rooosso» o «veeerde». I cronisti, sonnecchianti in piccionaia, hanno un sussulto quando il presidente di turno annuncia che alcuni commi dell'emendamento 3.023 verranno votati a scrutinio segreto, come chiesto da Pd e Idv. La maggioranza, fino a questo momento, non ha mai superato quota 310 voti. L'opposizione si aspetta che, nell'anonimato, alcuni deputati - magari tra i leghisti o gli ex An - si schierino contro il governo approvando l'emendamento. Si procede. «Votazione chiusa». Nell'Aula si respira una certa suspance. Poi sullo schermo i numeri spiazzano tutti. «Favorevoli 288. Contrari 316». Dalla maggioranza partono gli applausi. È tra le file dell'opposizione che ci sono i «franchi tiratori». Sono almeno sei. Quando lo scrutinio - subito dopo - torna palese, a votare con il governo sono di nuovo in 309. Qualcuno, approfittando del segreto, ha voluto lanciare dei segnali. Magari al Cav. Parte subito il toto-traditori. «Sui miei deputati metto non una mano sul fuoco, ma tutte e due», si affretta a commentare Dario Franceschini, capogruppo del Pd. I sospetti dei più cadono subito sui finiani, ma i diretti interessati smentiscono: «In Fli non ci sono franchi tiratori, chi dissente lo fa fin troppo apertamente», commenta Italo Bocchino. «La maggioranza cresce col voto segreto per un naturale e trasversale spirito di conservazione del proprio scranno parlamentare», taglia corto Fabio Granata. I futuristi, comunque, non perdono l'ironia e non risparmiano frecciatine polemiche a chi futurista lo è stato solo per pochi giorni. L'occasione la fornisce Rosy Bindi, presidente di turno: «Dov'è finita l'onorevole Siliquini?» chiede richiamando al voto Maria Grazia Siliquini, adesso deputata dei Responsabili. Finiani e democratici in coro rispondono: «È alle poste» alludendo, ironicamente, al fatto che la collega da qualche giorno è stata nominata parte del Cda Poste Italiane. Tra siparietti e qualche insulto si arriva al verdetto finale. La diretta tv riaccende gli animi. Pier Ferdinando Casini decide da un lato di difendere l'amico Fini («È stato attaccato sia da destra che da sinistra, quindi vuol dire che non ha sbagliato nulla»), dall'altro di tirare per la giacca il presidente Napolitano («Questa legge non reggerà le successive verifiche costituzionali»). Il provvedimento, intanto, ottiene il via libera della Camera. Fuori da Montecitorio il Popolo Viola insiste a urlare «vergogna» e a tirare monetine (presa di mira questa volta è la Santanchè) e l'Anm continua ad annunciare battaglia («È una sconfitta per lo Stato, i magistrati faranno sentire la propria voce»). Nulla sembra essere cambiato. Il Pd sarà contento anche di questo.

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