Cosa ci sarà nell'era d.B.
Cosa c’era nell’era a.B. quella avanti Berlusconi? Risposta automatica: la Prima Repubblica. In realtà c’era il caos generato dalla ditta di demolizioni della magistratura, il crollo del Muro di Berlino e la nascita di un altro ordine internazionale. Cosa ci sarà nell’era d.B. quella dopo Berlusconi? Osservando alcuni fenomeni del passato possiamo immaginare il futuro e spiegare perché è sbagliato – a sinistra ma soprattutto a destra - provare a «ingegnerizzare» la successione a Silvio. Berlusconi non è figlio della tradizione dei partiti italiani. La sua stagione nasce dalla ricetta del «meno Stato più mercato». In diciassette anni l’essenza del berlusconismo è ancora il mix di ingredienti all’origine di Forza Italia e del suo fondatore. Un soggetto a-politico, im-politico, fuori dal giro istituzionale, outsider dell’establishment finanziario e culturale del Paese. Berlusconi è la «rupture» del sistema dei partiti generato dal dopoguerra che aveva costruito la democrazia italiana. In questi giorni si ipotizzano due scenari di successione: il primo è un regime change pilotato, guidato e “battezzato” dallo stesso Cav; il secondo è un putsch interno che ha raggiunto la sua massima espressione nel malpancismo di corrente. Nessuna delle due ipotesi sta in piedi. Lo stesso Berlusconi dimentica che l’uomo venuto da Arcore entra in scena in una forma inedita, non mediata dai partiti, attraverso un’investitura popolare che deriva da un rapporto diretto con l’elettorato e la miriade di pixel che si fa audience, pubblico televisivo, costume nazionale. La prima rivoluzione berlusconiana (la più grande e permanente) si compie nella proiezione dell’immagine passiva (tv ieri, videomessaggio oggi) e cambia i codici della comunicazione politica. Lo scenario del d.B., il dopo Berlusconi, sarà un altro giorno: visione, ascolto e narrazione della politica saranno un fenomeno attivo (teoria e pratica del social network). La successione a Berlusconi e la creazione del post-cavalierato saranno partecipazione e rivoluzione tecnologica, il «social sharing» di un altro immaginario collettivo. Cari congiurati e aspiranti alla successione, rassegnatevi: il Cavaliere è stato solo il primo di una serie di leader figli di una rivoluzione dal basso. Avanti i nuovi, non i prossimi.