Lo spettacolo di Silvio
One man show. Silvio Berlusconi torna a vestire i panni del mattatore e, tra gag e barzellette, si sfoga. È camaleontico a tal punto che, nell'inconsueta cornice del cortile di Palazzo Chigi in occasione della premiazione del progetto «Campus Mentis 2010» promosso dal dicastero della Gioventù con la collaborazione dell'università La Sapienza, non solo domina la scena per quasi un'ora, ma interpreta di volta in volta il ruolo dell'imprenditore che consiglia ai giovani di essere ambizioso, del look maker che boccia la barba e le giacche sbottonate e del figlio che ricorda il suggerimento più prezioso ricevuto dal padre: portare sempre il sole in tasca. Ma non è finità qui. Non potevano mancare le barzellette né un accenno al «bunga bunga» al quale ha invitato due giovani studentesse. Un Berlusconi comunque molto intimista. E così, mentre il ministro della Gioventù, Giorgia Meloni, annunciava la fine dei provvedimenti di generalizzato assistenzialismo sostituiti dalla promozione del merito, il premier ha voluto raccontarsi ai giovani. «Quando sono entrato in politica dicevo "bisogna cambiare tutto"... allora mi facevo tante illusioni...», ma è l'affermazione di fiducia in se stessi che il Cav vuole trasmettere alle nuove generazioni. Poi continua: «Sentivo incredulità e anche scherno intorno a me quando fissavo dei traguardi, ma li ho sempre raggiunti». Ad un certo punto però ha chiuso tutti i ricordi nel cassetto ed è tornato a vestire i panni dell'uomo politico. Il primo riferimento è andato alla volontà di mettere subito in campo la riforma del fisco, con il varo entro due anni del codice unico delle norme tributarie. Poi il pensiero è andato a quella della giustizia, soprattutto ora, ha spiegato, che nella coalizione non ci sono più Fini e Casini che «difendono i privilegi dei pm». Ma il vero punto dolente lo tocca immediatamente dopo quando ha accennato di voler mettere mano all COstituzione: «Bisogna cambiare la Carta altrimenti l'Italia non può diventare una vera democrazia». Ma soprattutto, Berlusconi, ha rinnovato gli attacchi al Colle, che non fa passare le leggi se non gli piacciono, e alla Consulta che le abroga se non sono gradite ai pm di sinistra. Dichiarazioni che non sono andate giù al segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, che ha avvertito: Berlusconi «non si permetta di trattare in questo modo la Carta costituzionale» perché noi non gli consentiremo «di sfasciarla». E se per il leader dell'Udc, Pier Ferdinando Casini, il Cavaliere ha «delle ossessioni», gli uomini del suo partito hanno messo l'accento sull'attacco «indegno» al Capo dello Stato. Secco altolà anche dall'Idv con il suo capogruppo alla Camera, Massimo Donadi, che ha tuonato: «Giù le mani dalla Costituzione. La Carta è patrimonio di tutti gli italiani. Non permetteremo a questa maggioranza di cambiarla e stravolgerla a proprio piacimento».