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I processi lumaca costano 118 milioni

Il ministro della Giustizia Angelino Alfano

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Centodiciotto milioni e spiccioli in soli sei anni, dal 2002 al 2008. Tanto sono costati allo Stato i processi conclusi in tempi troppo lunghi e per i quali è stata richiesto dagli imputati un risarcimento di danni. Una possibilità che è stata chiesta dall'Europa – allarmata proprio dall'eccessiva lunghezza dei procedimenti nei tribunali italiani – e regolamentata, nel 2001, dalla legge Pinto. Una lentezza che ha provocato un esborso enorme di soldi pubblici e ha provocato addirittura una serie di procedure di pignoramento nei confronti del ministero della Giustizia. L'allarme viene ripetuto dai presidenti della Corte di Cassazione a ogni apertura di anno giudiziario ma cade puntualmente nel vuoto. Perché Procure e Tribunali sono intasati dai procedimenti che si accumulano e non c'è alcuno strumento per poter abbreviare i tempi. Complessivamente i procedimenti per la legge Pinto definiti dalla Corte di Appello per il periodo che va dal 2002 al 2008 sono quasi quarantamila, per l'esattezza 37.903. Ma negli ultimi anni c'è stato un aumento esponenziale dei ricorsi: nel 2004 erano 3.579, nel 2006 erano già arrivati a quota 5.916 e nel 2008 avevano sforato quota settemila arrivando a 7.299. Ma quali sono le Procure dove si accumula il maggior numero di ritardi e di conseguenza il maggior numero di richieste di risarcimento? Al primo posto c'è Napoli, in cui i casi su cui deve decidere la Corte territoriale (in questo caso Roma), sono 11.071. Al secondo posto c'è proprio la capitale (la Corte competente è quella di Perugia). Poi c'è Potenza (dove per anni ha lavorato il pm John Woodcock) con ben 2149 ritardi. Va meglio, ad esempio Milano, dove i ritardi sono «solo» 661, e Catanzaro dove ammontano a 894. Nella sua relazione, già nel 2009, il primo presidente della Corte di Cassazione, Vincenzo Carbone, aveva lanciato un allarme sulla preoccupante lunghezza dei processi. E aveva invitato il governo a varare provvedimenti che potessero andare incontro all'esigenza di avere tempi certi sulla durata dei procedimenti. «Il comitato dei ministri d'Europa – aveva spiegato – ha tuttavia rimarcato i risultati insoddisfacenti nonostante l'introduzione, nel 2001, della legge Pinto, rivolgendo un appello alle più alte istanze italiane affinché mantengano il loro impegno nel risolvere il problema dell'eccessiva durata dei procedimenti giudiziari». «Il comitato dei ministri – aveva proseguito – ha anche invitato le autorità ad intraprendere un'azione interdisciplinare, che coinvolga gli attori e protagonisti principali della Giustizia, coordinata ai più alti livelli politici, per elaborare una strategia, nuova ed efficace». «Val la pena ricordare – era stata la conclusione del passaggio dedicato al risarcimento – come la Corte europea dei diritti dell'uomo sottolinei che "il miglior rimedio in assoluto è la prevenzione" e non il risarcimento dei danni, che può indurre a provocare deliberatamente ulteriori ritardi per conseguire non più una vittoria (ipotetica) nel processo, ma un titolo (certo) per richiedere il risarcimento per il ritardo».

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