La bomba (giornalistica, s'intende) arriva un po' a sorpresa.
Illeghista, che fu ministro della Giustizia nello scorso governo Berlusconi, rivela che anche con lui la mafia ci provò. Nel senso che anche quando lui era al dicastero di via Arenula importanti boss fecero sapere di essere pronti a una sorta di trattativa. Così come accadde nel decennio precedente. Castelli sta molto attento a misurare bene le parole e quello che dice va un po' ricostruito. Anzitutto, l'esponente della Lega non dà una data precisa, si limita a dire che l'«offerta» fu fatta tra il 2003 e il 2004. Da chi? Boss di «prima linea» si erano dichiarati disponibili a una pubblica dissociazione; fecero sapere che erano pronti ad «arrendersi allo Stato». E che fece Castelli? Si consultò con «eminentissimi magistrati» (e qui si lascia scappare pure una battuta: «Nonostante le apparenze, con alcuni abbiamo sempre continuato a parlarci»). Infine, decise per il no. Ricorda, un po' malinconico: «Ho preso tante decisioni importanti in assoluta solitudine». In realtà, la conferenza stampa era stata convocata per denunciare il fatto - Il Tempo l'ha raccontato in più puntate - che nel giugno del 1993 il Dap (Dipartimento della Amministrazione Penitenziaria), propose di attenuare l'applicazione del «carcere duro» per i mafiosi, il 41 bis. In realtà, il Pdl pone l'accento sulla considerazione che non fu una mera scelta tecnica operata dall'amministrazione dello Stato sebbene se ne sia assunto la responsabilità politica l'allora ministro della Giustizia, Giovanni Conso. Nel corso dell'incontro con i giornalisti si fa il nome del ministro dell'Interno dell'epoca, Nicola Mancino, e del capo della Polizia di quel periodo, Vincenzo Parisi. Ma soprattutto si chiama in causa il presidente della Repubblica in quella fase storica, Oscar Luigi Scalfaro. Perché il governo di quel periodo, Ciampi era il presidente del Consiglio, era diretta espressione del Colle. Non solo, a Scalfaro si fa risalire anche la volontà della rimozione al vertice del Dap di Nicolò Amato che venne sostituito da Capriotti, promotore di una nota riservata che suggeriva appunto di alleviare il carcere per evitare nuove stragi di mafia. Il capogruppo del Pdl, Maurizio Gasparri, chiede a tutti i protagonisti politici di chiarire. Mancino replica subito: «La mia posizione negli anni 1992-94 è stata sempre di assoluto sostegno e rigore nell'applicazione dell'articolo 41 bis nei confronti dei detenuti più pericolosi resisi responsabili di reati di criminalità organizzata». Ora bisognerà attendere le prossime audizioni in commissione Antimafia: verranno chiamati a raccontare ciò che sanno due ex Capi di Stato. F. d. O.