Cerca
Cerca
Edicola digitale
+

Tragicomico show a Montecitorio

Lo

  • a
  • a
  • a

Alla Camera va in scena il secondo atto della commedia più tragica della politica. I deputati diventano velocisti a ostacoli. I ministri buttano all'aria i badge. Il presidente dell'aula preferisce scendere nell'arena piuttosto che restare giudice imparziale. E Napolitano furioso convoca i capigruppo. Quiete dopo la tempesta? Macchè. La discussione relativa al disegno di legge sul processo breve continua a tenere vivo lo scontro tra maggioranza e opposizione alla Camera. Una bagarre infinita che ha avuto come prima conseguenza l'inevitabile slittamento del testo alla prossima settimana. Prima lo scontro e poi il rinvio. Tutto questo corredato dalle profetiche parole del presidente della Camera e leader di Fli, Gianfranco Fini, che ieri mattina, aprendo i lavori dell'aula, ha annunciato: «La giornata alla Camera si preannuncia densa di impegni per tutti e di momenti di confronto». Un confronto che si è trasformato in tensione non appena veniva data lettura del processo verbale (una sorta di verbale dei lavori, ndr) della seduta di giovedì. Una consuetudine alla quale i deputati prestano, di solito, poca attenzione tanto che, quasi sempre, viene approvato senza neppure ricorrere al voto. Ieri, però, le cose non sono andate così. Nella trascrizione mancava la parte in cui si raccontava dell'attacco del ministro della Difesa, Ignazio La Russa, al presidente di Montecitorio, Gianfranco Fini. Una mancanza notata immediatamente dalle opposizioni che hanno chiesto l'inserimento dei fatti così come si sono svolti. Un affronto che ha portato Roberto Giachetti (Pd), Franco Evangelisti (Idv) e Gianluca Galletti (Udc) a manifestare il proprio dissenso. Una protesta sfociata in scompiglio non appena il presidente Fini ha deciso di porre in votazione il testo. E così l'emiciclo di Montecitorio si è trasformato in un'arena. L'opposizione iniziava a far entrare di corsa tutti i parlamentari. Giachetti, trasformatosi in un «buttadentro» implacabile, inseguiva i «suoi» anche alla buvette e in cortile. Per la maggioranza invece i problemi arrivavano dal fatto che tutti i ministri erano impegnati in un vertice con il premier a palazzo Chigi e, quindi, non potevano essere in aula per la votazione. Una situazione troppo rischiosa per la maggioranza tanto che Berlusconi, sospeso il Cdm, li avrebbe invitati a raggiungere la Camera in fretta e furia. Eppure, nonostante la votazione fosse rimasta aperta quasi 4 minuti quattro esponenti del governo non sono riusciti a votare. Esito? La parità tra i poli ha portato alla bocciatura del processo verbale aprendo così la dura controffensiva di Pdl e Lega. Quasi tutti i deputati del centrodestra uscivano dall'aula per rilasciare dichiarazioni di fuoco contro la terza carica dello Stato. E tra tutti si distingue proprio l'ex finiano Massimo Corsaro che, apertis verbis, raccontava quello che tutta la maggioranza pensa ormai da molti mesi: «Oggi finisce la storiella di Fini super partes». Tutto questo mentre in aula andava in onda la sfuriata del Guardasigilli Alfano che, stizzito, aveva scagliato la tessera da parlamentare al centro dell'emiciclo colpendo la spalla di un deputato Pd. Un'occasione ghiotta per il leader dell'Idv Antonio Di Pietro che ha pensato bene di chiedere le dimissioni del ministro. A Fini non restava quindi che sospendere la seduta e convocare i capigruppo. Un vertice per riscrivere il verbale integrandolo della parte mancante per poi rivotarlo in aula nel pomeridiano. A rimarcare però il nervosismo della giornata c'è stato anche il fatto che il presidente della Camera, mentre stava abbandonando l'aula, veniva colpito alla testa da un giornale che gli era stato lanciato da una deputata del Pdl. Alle 15 in punto ecco che il presidente Fini tornava ad accomodarsi sul suo scranno senza sapere che, dai banchi della maggioranza, sarebbe arrivato l'ennesimo colpo di scena. Ed è la deputata Pd Ileana Argentin, disabile e in carrozzella, a denunciare la triste battuta di un deputato Pdl, con il consenso di uno della Lega, che, avvicinandosi al proprio assistente, gli avrebbe detto che «non deve permettersi di applaudire. Ma lei, signor presidente, sa che io non posso usare le mani. Se desidero applaudire lo faccio come e quando credo e se non lo posso fare con le mie mani lo faccio con le mani di chiunque». L'ennesimo episodio frutto del clima di scontro che si respira a Montecitorio che ha fatto levare dai banchi dell'opposizione urla e grida di «vergogna, vergogna». Un gesto che però è rientrato con le scuse dei diretti interessati. Intanto, scontri a parte, è stato il deputato del Pdl Simone Baldelli ad aprire un altro capitolo, stavolta tutto burocratico, chiedendo di rinviare la «prescrizione breve» alla prossima settimana dato che molti deputati erano in procinto di partire e non si sarebbe potuto garantire il numero legale in aula. Nella sua richiesta «formale» però il deputato parlava di «rinvio del punto» e non della «seduta» così, l'errore, ha costretto il Pdl a rimanere in Aula. Conseguenza? L'esame alla Camera del ddl sul processo breve, (il provvedimento che abbrevia la prescrizione per gli incensurati cancellando il processo Mills che vede imputato il premier Silvio Berlusconi), viene sospeso a data da destinarsi visto che non si è trovato in conferenza dei capigruppo un accordo sul calendario di martedì. Così, il provvedimento tanto caro al Pdl è finito momentaneamente in coda all'ordine del giorno, dopo il conflitto di attribuzione sul caso Ruby, la proposta di legge sui piccoli Comuni, la legge Comunitaria e quella sulla contabilità. Gli scontri politici iniziano però a preoccupare il Quirinale tanto da spingere il Capo dello Stato a incontrare, ieri, prima i capigruppo del Pdl, poi quelli del Pd e dell'Udc lasciando loro lo stesso messaggio: «Basta tensioni, il clima di rissa deve finire» sottolineando che in questo modo non si può andare avanti.

Dai blog