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Fini preferisce i comizi alla Camera

Gianfranco Fini

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6 febbraio 2010. Gianfranco Fini, è ospite della cena per la raccolta fondi organizzata dalla fondazione FareFuturo per Renata Polverini, e prima di prendere la parola fa una premessa: «Non farò un intervento politico, sono presidente della Camera non posso fare campagna elettorale, ma questo non mi esime dal dovere di fare politica». Scelta di fatto da Fini ma sostenuta da Berlusconi nella difficile campagna elettorale del Lazio fatta di ricorsi e ordinanze del Tar, la Polverini fu poi costretta a constatare: «La mia elezione dipende anche dall'impegno personale che il presidente Berlusconi ci ha messo». Eppure da quel giorno di politica Fini ne ha fatta eccome ma non per sostenere i candidati del Pdl. Se la regola del conflitto istituzionale valeva per Renata, non vale certo per i nuovi protetti del Fli. Come Manfredi Palmeri, candidato dell'Api alle prossime elezioni comunali di Milano. Ieri pomeriggio il presidente della Camera era nel capoluogo lombardo a fianco degli alleati del Terzo Polo, Rutelli e Casini per aprire la campagna elettorale di Palmeri, oggi presidente del consiglio comunale, che sfiderà il centrodestra di Letizia Moratti e il centrosinistra di Giuliano Pisapia. Il trio è stato protagonista di una kermesse all'Auditorium di largo Mahler, in prima fila per sostenere Palmeri che è un futurista «anomalo». Approdato alla formazione di Gianfranco Fini non dalle fila di Alleanza Nazionale ma da Forza Italia, dove per qualche anno è stato uno dei giovani azzurri milanesi più vicini a Silvio Berlusconi. Classe 1974, Palmeri è entrato nel consiglio comunale di Milano nel 2001 e per due anni, dal 2004 al 2006, è stato capogruppo del partito azzurro. Dopo la sua rielezione nel 2006 è stato nominato presidente del consiglio comunale - carica che tuttora ricopre - grazie anche all'intercessione di Berlusconi che, nel ruolo di consigliere comunale anziano, nel 2006 riuscì a far convergere i voti dei suoi sul nome di Palmeri per lo scranno più alto dell'assemblea di Palazzo Marino. Ma ieri a spellarsi le mano sul palco e a scattare in piedi sulle note dell'Inno di Mameli c'era Fini, accanto allo stato maggiore del nuovo polo e all'ex sindaco Gabriele Albertini (su cui in primo tempo si erano orientate le preferenze dei terzo polisti). In platea i «reduci» futuristi: Mirko Tremaglia, Italo Bocchino, Andrea Ronchi, Giuseppe Valditara, Cristiana Muscardini, Barbara Ciabò, Benedetto Della Vedova e Chiara Moroni. Tutti a sentire le parole di Gianfranco che stavolta non ha preferito il fair play istituzionale, anzi è stato un fiume in piena: «Esiste il nord Italia, non esiste la Padania», ha attaccato con un vecchio refrain sottolineando che «accanto alla questione meridionale ha fatto irruzione una questione settentrionale che, però, non ha nulla a che vedere con la Padania e con simboli artefatti che non sono nel cuore di nessuno». E poi: tutta una serie di «Basta», basta «con gli egoismi geografici», basta «con la politica del presentismo e dell'egoismo», basta a «una politica basata su promesse mirabolanti e invettive», basta alla «politica delle ronde, serve una diffusa cultura della legalità». Un comizio. Sebbene sia un po' arrugginito nel picconare, il presidente della Camera non dunque ha perso la voglia di remare contro.

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