«Adesso cambiamo le norme ma servono più case popolari»
Laricetta del vicepresidente della Regione Lazio e assessore all'Urbanistica Luciano Ciocchetti è semplice. Ma non sarà facile cambiare le regole. Eppure, dopo lo scandalo delle case popolari in zone di pregio della capitale vendute a prezzi più bassi di box auto, la maggioranza cercherà una soluzione che, insiste l'esponente dell'Udc, «deve essere condivisa». Assessore Ciocchetti, ma come è possibile che all'Ater per molti anni ci siano stati ricchi con la casa popolare che poi sono riusciti pure a comprarla e magari a rivenderla a prezzi di mercato? «Il punto è che all'Ater le decadenze non sono mai state fatte. Nel 2008 un emendamento alla finanziaria regionale ha stabilito che non si potevano più far uscire gli inquilini che avevano perso i requisiti». Una norma bipartisan? «Sì, è stata votata da quasi tutti. Ovviamente quella legge ha fermato le cose». Ma non c'era un'alternativa? «Guardi io vengo da un quartiere di case popolari, Decima, e conosco bene la situazione. Pensi che a 18 anni ero il presidente del Comitato di quartiere. Il problema è che non c'è nessuno che va via dalla casa popolare, anche quando migliora le condizioni di vita e potrebbe trovarsi un'altra sistemazione». Dunque avanti con le sanatorie... «Sono sempre state proposte dalla Sinistra, che adesso si batte il petto per la situazione attuale. Il problema, piuttosto, è fare nuove case popolari». È vero che anche i partiti non hanno pagato l'affitto all'Ater? «Sì. I partiti politici sono morosi. Vecchie sezioni che stanno in locali dell'ente e che non hanno mai pagato quello che dovevano. A volte sono morose anche singole persone a cui sono rimasti intestati i locali dove un tempo c'erano partiti. È successo pure alla vecchia Dc». Dunque serve una nuova legge. «Esatto. Una normativa che definisca chi ha diritto di stare nelle case popolari e chi può rimanere pagando però canoni più elevati. Bisogna studiare nuove modalità». Quindi nuove soglie di reddito per l'assegnatario... «Non solo. Ai fini dell'assegnazione si considera il reddito di tutta la famiglia che vive in quella casa e non solo dell'assegnatario». Non sarà facile trovare la quadra. Non crede? «Sì ma servono regole condivise. Tutta questa materia è da rivedere e infatti mi sembra che l'assessore Buontempo stia lavorando a una vera e propria riforma del settore. Poi il problema è anche la manutenzione di un patrimonio sterminato. Meglio venderlo in proporzione al reddito degli inquilini e costruire nuove case popolari». A. D. M.