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Per Galan c'è solo la Padania

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Giancarlo Galan, ministro della Cultura

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Si possono scegliere due modi per debuttare da ministro. Mostrare i muscoli davanti ai riflettori o esibire fair play. Giancarlo Galan, il veneto appena seduto sulla poltrona dei Beni Culturali nell'austero palazzo romano del Collegio Romano dopo aver diretto il ruspante dicastero dell'Agricoltura, ha scelto impavido la prima strada. Ha sparigliato alla grande, come un Donchischiotte che va alla guerra con lo spadone tagliateste. O come un generale che fa bum col cannone ma sbaglia mira e sventra tutti, amici e nemici. E infatti si è tirato contro un esercito di controrivoluzionari, amici e nemici appunto. Che cosa ha fatto l'ex governatore del Veneto per far rimpiangere immantinente e bipartisan il soave Sandro Bondi? Ha continuato a fare l'ex governatore del Veneto, appunto. E infatti è partito lancia in resta contro il Festival del Cinema di Roma per difendere il Festival delle parti sue, quello di Venezia. Ha cominciato con un'intervista a La Stampa. «Solo l'Italia ha due Festival del Cinema. In Francia c'è Cannes, in Germania quello di Berlino, in Svizzera soltanto Locarno. Venezia è il Festival del cinema più antico del mondo, è e sarà l'unico in Italia». E la Capitale? «Ridicolo dire che non si occupi di cinema, visto che è la patria di quel mondo...». Bella coerenza. Ma vabbè: le priorità del neoministro sono due. La prima Pompei, elementare Watson. E poi, appunto, il nuovo Palazzo del Cinema di Venezia. La Capitale kaputt. Pensi a tirare la carretta, a produrlo, il cinema. Si occupi di Cinecittà e dell'Istituto Luce, ha chiosato in serata davanti ai «suoi», in quel di Longarone, provincia di Belluno. Ora al padano del Pdl che quando era governatore della regione natia contava nel suo entourage molte facce di casa alla Mostra cinematografica del Lido, vanno ricordate parecchie cose. Per esempio, che in questi giorni arrivano a Roma Woody Allen e Debra Winger. Due divi che in Laguna non si sognano di salire, se non appunto quando, in qualche annata, passa un loro film, in o fuori concorso. Ancora, il pratico e spiccio ministro tenga in conto che non è andato a finire a Venezia il mercato del cinema una volta situato a Milano. Invece, si tiene nella Capitale, in contemporanea con il Festival, organizzato alla perfezione nello scenario di via Veneto da Roberto Ciccutto. Un successo di business trainato dalla passerella dei divi al Parco della Musica, signor Ministro. Una sinergia intelligente, invece della separazione nord e centro che ha voluto rimarcare nel primo giorno alla guida del Bel Paese. Che è uno, unito, come le celebrazioni dei centocinquant'anni si sforzano in questi giorni di rammentare a tutti. Invece il pallido Galan altro non vede che la terra di Tiziano e Tintoretto. Leggere la citata intervista per credere. Di tutte la città che nomina non ce n'è una che stia sotto la linea gotica: Venezia, appunto, e poi Verona, e poi Padova. Anche per questo l'uscita di Galan ha suscitato una selva di buuh, peggio che dal loggione del Teatro La Fenice - per lui altra priorità - quando il soprano stona. Unici due fuori del coro Francesco Giro e Vittorio Sgarbi. Ma già, il primo è sottosegretario ai Beni Culturali, gli tocca passare docilmente dal mite Bondi al nuovo nerboruto capo. E l'altro, padanissimo, cura il padiglione Italia alla Biennale di Venezia. Un'altra gaffe ha collezionato il nordista Galan. Se l'è presa con i Bronzi di Riace, che a suo avviso dovrebbero lasciare Reggio Calabria e fare la passerella altrove. Qui i fischi sono arrivati dal lungomare più bello d'Italia. Che non si trasformino in un minaccioso «boia chi molla».

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