La mafia approfittò del vuoto politico
Negata, poi ammessa a mezza bocca. Alla fine confermata anche dai documenti pubblicati da Il Tempo, la trattativa tra lo Stato e la mafia è un fatto assodato. Oggi può sembrare inconcepibile. Incredibile. Certo se non fosse che tutto è accaduto tra il 1992 e il 1994. Il 17 febbraio del 1992 a Milano viene arrestato un tal Mario Chiesa. Pochi se ne accorgono, nel Paese c'è una Dc che, dopo aver vinto la sfida con il comunismo, sembra vacillare. Il Pci è ormai rottamato, Occhetto prova a lanciare il suo Pds. Craxi disegna gli scenari futuri grazie a un accordo di ferro con Forlani e Andreotti. Il leader socialista vuole Palazzo Chigi e lascia ai due dc il compito di giocarsi il Quirinale. Ma quel carneade di Mario Chiesa comincia a parlare e coinvolge il Psi milanese. E poi a catena emergerà un mondo di tangenti. Come accade nelle rivoluzioni, tutto rientra nel calderone, non si distingue tra buoni e cattivi. Un avviso di garanzia si trasforma in sentenza. I partiti sono travolti, commissariati dai tribunali. E proprio dopo le elezioni del '92 la mafia, colpita a morte da Falcone e Borsellino, ha un rigurgito. I primi a pagare sono proprio i due magistrati, assassinati. La politica non si accorge quasi che sta crollando un mondo. I franchi tiratori Dc (sotto accusa gli andreottiani) impediscono a Forlani di salire al Quirinale. Così si ripiega su Scalfaro che, come primo atto, blocca la strada di Craxi per Palazzo Chigi. Mentre cadono le teste della prima Repubblica il governo Amato va in crisi, i ministri sono quasi tutti inquisiti e dimissionari. Il governo si sfalda. Il salvatore della Patria è Ciampi che si affida a tecnici e politici sopravvissuti alla tempesta. Ma il Paese è nel caos. Che in questa situazione la mafia giochi le sue carte è comprensibile. Avverte che la 'ndrangheta, nemmeno sfiorata dalla repressione, sta prendendo il suo posto. Un momento ideale per agire, per intervenire, per rigenerarsi, per trattare con uno Stato inerme, politicamente mai così debole. Le bombe del 1993 sono l'avvertimento. Il patto ci sta tutto. Carcere meno duro per i boss, si affievoliscono le norme volute da Martelli che ormai è alle prese con le accuse dei magistrati. Nell'ombra si tratta, si cede. Le responsabilità, le paure e le sottovalutazioni, sono da ricercare in quei due anni. Nei protagonisti saliti alla ribalta perché altri hanno dovuto abbandonare. Oggi escono le carte. Un primo passo per ricostruire la storia oscura di quegli anni.