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La Lega convince il Pd Via libera al federalismo

Il leader della Lega Umberto Bossi

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La Lega esulta. «Oggi è una bella giornata per il federalismo» è stato il primo commento del presidente dei senatori leghisti Federico Bricolo analizzando l'esito positivo del voto della bicamerale sul fisco regionale. E poi ha aggiunto: «Ecco fatto un altro passaggio fondamentale per la realizzazione del federalismo fiscale, ormai sempre più vicino». Sono bastati così quindici i voti a favore (Pdl, Lega e Svp), dieci gli astenuti (Pd) e solo quattro contrari (due Udc e uno Fli e uno Idv) per permettere al quinto decreto attuativo di trovare davanti a se una strada tutta in discesa. Infatti, con l'approvazione del parere di maggioranza, ora il governo potrà emanare definitivamente, in un prossimo Consiglio dei ministri, il decreto legislativo che entrerà in vigore dopo la firma del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, e la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. Un percorso decisamente meno complicato di quello affrontato dal decreto sul federalismo municipale approvato definitivamente il 3 marzo scorso solamente dopo essere stato sottoposto al voto del Parlamento. In quel caso, infatti, in Bicamerale i commissari avevano concluso la votazione in perfetta parità (15 a 15) rendendo così necessario un ulteriore passaggio sia alla Camera che al Senato. Questa volta, invece, qualcosa ha convinto i democratici a spaccare il fronte delle opposizioni, lasciando ai due rappresentanti dell'Udc Gianluca Galletti e Giampiero D'Alia, a quello di Fli Mario Baldassarri, al dipietrista Felice Belisario e alla rappresentante dell'Api Linda Lanzillotta, che non ha potuto votare per impegni contemporanei ma che ha ribadito la sua posizione contraria al decreto, il fardello di mantenere, in solitaria, la linea del fronte antifederalista. Una spaccatura che diventa, per il leghista Bricolo, la testimonianza di una «possibilità del dialogo su temi importanti per il Paese e per tutti i cittadini». Volontà al dialogo che anche il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, rivendica chiedendo però al governo, «ora che ha saggiato la nostra serietà», di prendersi «una pausa di riflessione sul progetto generale del federalismo, che rischia di "crescere storto"». Un avvertimento in piena regola dato che, immediatamente dopo, Bersani ha minacciato che se così non dovesse essere «noi ci prenderemo la nostra libertà». In realtà la decisione di astenersi sembra essere scaturita da due evenienze che non avrebbero lasciato molto spazio di manovra al Pd. La prima e, forse, quella che ha portato Bersani a parlare di «gente seria» è la volontà di accogliere l'appello lanciato da Napolitano lunedì scorso a Milano quando tornò a chiedere a tutta la politica di «portare a termine l'attuazione del Titolo V della Costituzione». La seconda invece nascerebbe dall'impossibilità di votare contro ad un testo frutto del lavoro di mediazione del ministro della Semplificazione, Roberto Calderoli, che avrebbe accolto, nel parere della maggioranza sul decreto attuativo, molte delle osservazioni dell'opposizione tra cui quella sulla clausola di salvaguardia contro i tagli alle Regioni. E così, alla fine di un confronto lungo e duro, sono proprio le Regioni a cantare vittoria dato che hanno ottenuto tutto ciò a cui miravano a partire dai 425 milioni che servono loro per finanziare il trasporto pubblico locale. Tra le altre novità, non scatterà dal 2011 ma dal 2013 la «manovrabilità» dell'addizionale regionale Irpef prevista dal decreto legislativo sul federalismo regionale; ci sarà la fiscalizzazione delle risorse per il trasporto pubblico locale a decorrere dal 2012, con conseguente soppressione dei trasferimenti statali alle Regioni relativi al trasporto pubblico locale; verranno istituiti, nel bilancio delle Regioni a statuto ordinario, due fondi, uno a favore dei comuni, l'altro a favore delle province e delle città metropolitane, alimentati dal fondo perequativo dello Stato. In cambio le Regioni hanno garantito un maggiore impegno sul fronte degli ammortizzatori sociali in deroga per gli anni 2011-2012: la partecipazione del Governo passa dal 70 al 60% e alla differenza le Regioni potranno compartecipare con una quota del Fondo sociale europeo. Chi invece continua a dimostrare le proprie preoccupazioni è il presidente della Camera e leader di Fli, Gianfranco Fini, che ha voluto, nel suo appello, tirare in ballo Napolitano: «Mi auguro che la Lega e il Pdl non facciano cadere nel vuoto le parole del Presidente della Repubblica. Non è il federalismo il pericolo semmai lo è un federalismo miserrimo». Forse un tentativo per giustificare il voto contrario del futurista Baldassarri in Bicamerale anche se, ad ascoltare il proseguo delle sue dichiarazioni si capisce che in Futuro e Libertà, per quanto riguarda le riforme, non c'è un'unica strategia: «Abbiamo necessità assoluta di alcune riforme e di farle in modo condiviso perché siamo in ritardo».

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