Caro Berlusconi si gioca di forza
Il primo giorno di bombardamenti in Libia titolai la nostra pagina così: «La guerra di Sarkò». Gli altri giornali puntarono sui bombardamenti del giorno prima. Il Tempo fu l’unico quotidiano a mettere in evidenza quel che poi è apparso chiaro: la Francia gioca una partita per la supremazia nel Mediterraneo. A differenza di altri, non penso che questo faccia parte di un complotto per buttare fuori l’Italia dal campo da gioco. I francesi e gli inglesi stanno conducendo la loro politica in base a una cosa che si chiama «interesse nazionale». E per questo dopo aver premuto il grilletto per primo, Sarkozy ha preso anche l’iniziativa diplomatica, concertandola con gli inglesi di Cameron e i disimpegnatissimi tedeschi della Merkel. Anche questo non è un complotto, ma politica. Machiavellica, cinica, cattiva, spietata, ma politica. Finché la classe dirigente del nostro Paese non imparerà a condurre questo grande gioco con altrettanta determinazione, l’Italia avrà difficoltà a gestire i suoi affari internazionali. La diplomazia prevede anche l’uso delle armi, anzi secondo il suo massimo teorico, Carl Von Clausewitz, la guerra ne è la naturale prosecuzione. L’Italia invece non perde mai occasione per sottolineare il suo pacifismo a prescindere, spesso peloso, perché cela una masochistica propensione al disimpegno e una dose di furberia. Invece di evocare tesi complottistiche la nostra diplomazia e il governo devono mettersi in testa che in Libia si stanno disegnando i futuri equilibri del Mediterraneo, casa nostra. È un gioco pesante. Caro Berlusconi, anche l’arte della mediazione prevede l’uso della forza.