A Roma classe dirigente inadeguata
Un triste e recente esempio di classe dirigente dimostratasi inadeguata lo abbiamo avuto con la situazione di caos in cui si è trovata la giunta di centrodestra a Roma. La vittoria di Gianni Alemanno come sindaco della capitale il 28 aprile 2008 è stata una sorpresa. Alemanno si è voluto candidare a tutti i costi, anche se in un primo momento Berlusconi gli avrebbe preferito Gasparri. È stata una vittoria storica, contro ogni previsione, e io gli ho dato una buona mano in campagna elettorale. A essere sincero, ha vinto anche perché la sinistra ha sbagliato il candidato, non che Rutelli non fosse all'altezza, anzi nella sua esperienza di sindaco della capitale ha lavorato in modo eccellente, ma per il semplice fatto che l'elettore non gradisce il ritorno di chi già ha compiuto i suoi mandati. Governare è difficilissimo, bisogna essere preparati psicologicamente e fisicamente, perché è assai faticoso. Bisogna avere le idee giuste e una squadra capace. A Roma si è votato prima della scadenza del mandato di Veltroni, dimessosi per correre alla presidenza del Consiglio. Forse Alemanno non era pronto alla vittoria e si è trovato a governare Roma, appunto, senza un'adeguata classe dirigente. Così si è trovato di fronte due strade: o l'autosufficienza o andare alla ricerca di una classe dirigente al di fuori della politica. Alemanno ha scelto – per un suo modello culturale – le persone che poteva controllare, ed è finita male. Il sogno della destra che governa Roma si è trasformato in un incubo: lo scandalo di Parentopoli è la testimonianza di un fallimento. Il fallimento di una prova di governo così importante è un segnale molto negativo per l'elettorato più maturo ed esigente. ***** A destra quando si parla di legalità, senso dello Stato, impegno civile e coraggio civico si pensa subito a Paolo Borsellino. Il magistrato palermitano ucciso nel 1992 è il nostro eroe civile di riferimento e abbiamo sempre vissuto con grande orgoglio la sua appartenenza al nostro mondo prima dell'impegno con la toga. Borsellino aveva origini monarchiche e da studente universitario militò nel Fuan. Divenuto magistrato non si occupò mai più di politica, né direttamente né indirettamente, ma non negava la sua collocazione politica, che spesso era al centro di amichevoli litigi tra lui e Giovanni Falcone, come ha raccontato più volte il collega Giuseppe Ayala quando divenne parlamentare. Per noi la legalità è tutta racchiusa nella figura di Borsellino. La sua storia smonta la tesi che se nasci in un quartiere mafioso l'ambiente ti contamina, e il suo senso del dovere e l'attaccamento allo Stato sono parte integrante del Dna della destra. Ecco perché per noi è difficile andare contro l'intera categoria dei magistrati: per noi la toga del pm ha il volto del nostro eroe civile Borsellino e non potremo mai dimenticare che tanti magistrati si sono sacrificati e si sacrificano per garantire legalità e sicurezza agli italiani. Anche la compostezza con cui il magistrato palermitano affrontò la morte appartiene al romanticismo della destra legalitaria. Sapeva che era arrivata la sua ora, era a conoscenza dell'arrivo dell'esplosivo che doveva farlo fuori, ma decise di andare comunque avanti nella ricerca della verità sull'attentato a Falcone. Da lui prendiamo in prestito una frase che disse immaginando la sua Sicilia liberata dalla mafia: «Un giorno sarà bellissima!» Pensando a uomini come Borsellino e a quello che intendiamo fare per la legalità e l'etica pubblica, possiamo ripetere anche noi, riferendoci all'Italia: «Un giorno sarà bellissima!»