Yemen: «Stato d'emergenza»
Continuanole proteste nello Yemen. Nonostante il Parlamento abbia approvato lo stato d'emergenza decretato lo scorso venerdì dal presidente, Ali Abdullah Saleh, la tensione continua a crescere nel timore che lo stato d'emergenza (che durerà trenta giorni), possa scatenare una nuova "strage" e repressione delle proteste anti-regime. Saleh, nel tentativo di placare la richiesta di sue dimissioni, ha offerto un referendum costituzionale, elezioni parlamentari e soprattutto nuove elezioni presidenziali da tenersi entro la fine dell'anno. L'opposizione, tuttavia, non sembra intenzionata ad allentare la presa. Così le proteste contro Saleh, da 32 anni alla guida del poverissimo Paese nella penisola arabica (disoccupazione al 35 per cento, con punte al 50 tra i giovani), iniziano a preoccupare le diplomazie occidentali che temono che le varie cellule di Al Qaeda, già molto attive, possano rafforzarsi ulteriormente in assenza di uno Stato forte. Negli ultimi due anni ci sono stati già molti attentati contro interessi sauditi e Usa nella regione. A lungo sostenuto dai leader arabi e occidentali in quanto uomo forte capace di unificare un Paese molto tribale, Saleh davanti al Parlamento ha già agitato lo spettro della guerra civile qualora venisse rimosso da un colpo di Stato. L'opposizione yemenita ha convocato per domani un grande corteo che marcerà sul palazzo presidenziale. Dopo la preghiera, i manifestanti marceranno per chiedere le immediate dimissioni del presidente, apertamente contestato ormai dal 3 febbraio scorso, quando la Giornata della Rabbia portò in piazza oltre 10mila persone a Sanaa. «Sarà il "Venerdì della marcia in avanti", con centinaia di migliaia di persone che arriveranno ovunque ti trovi per destituirti», ha preannunciato il portavoce dell'opposizione Mohamed Qahtana. Intanto in Bahrain, stando a quanto detto dal ministro degli Esteri Sheikh Khaled bin Ahmad al-Khalifa, la crisi è in uno stadio «molto pericoloso». Nel Paese, ha spiegato «c'è stabilità ma siamo davvero preoccupati per le divisioni all'interno delle comunità religiose». Da settimane il Bahrain è scosso da proteste della maggioranza sciita contro la dinastia sunnita, al potere da due secoli. Il re ha proclamato la legge marziale e vietato le manifestazioni mentre gli alleati del Golfo hanno inviato propri militari per aiutare a reprimere le proteste.