Prima guerra di Obama Chavez in aiuto del raìs
L'offensivaè partita e l'asse Francia-Usa-Gran Bretagna conquista la scena internazionale. Nel giorno in cui i missili colpiscono la Libia gli occhi del mondo sono puntati su Nicolas Sarkozy, Barack Obama e David Cameron che con i loro interventi pubblici scandiscono le fasi della giornata. Il presidente francese parla al termine del vertice di Parigi quando i «suoi» Rafael sono già in volo su Bengasi. «Interverremo in Libia - spiega - per difendere la popolazione civile da questa follia omicida». Gli fa eco David Cameron: «È ora di agire e deve essere fatto in maniera urgente». Concetto ripetuto qualche ora più tardi quando, dopo gli aerei francesi, anche quelli inglesi volano su Tripoli: «Lanciare un'azione militare contro la Libia è necessario, legale e giusto». Ma l'intervento più atteso è sicuramente quello di Obama. Assente al vertice di Parigi dove ha inviato il segretario di Stato Hillary Clinton, Obama parla dal Brasile dove si trova per un viaggio già fissato da tempo cui non ha voluto rinunciare. «L'attacco contro la Libia - esordisce - è stato deciso perché il colonnello Muammar Gheddafi non ha rispettato gli impegni legati al cessate il fuoco e ha continuato ad attaccare». «Non possiamo stare fermi mentre un tiranno dice al suo popolo che non avrà pietà», prosegue, ed è anche per questo che, pur consapevole dei rischi che corrono le forze dell'esercito americano, gli Stati Uniti hanno iniziato «un'azione militare limitata» che non prevede il dispiegamentro di truppe americane sul suolo libico. Ma se l'asse Usa-Francia-Gb mostra pubblicamente la propria determinazione, non tutto il mondo concorda con ciò che sta accadendo a Tripoli. A cominciare dal presidente del Brasile Dilma Rousseff che, parlando con Obama, ha difeso la ricerca di una soluzione pacifica al conflitto. «La presidente, alla fine della riunione bilaterale - ha spiegato il consigliere della Rousseff per i temi internazionali, Marco Aurelio Garcia presente alla riunione - ha fatto una dichiarazione molto forte a favore della pace e della soluzione diplomatica dei conflitti». Ancora più duro Ugo Chavez che ha criticato Stati Uniti e Unione europea per l'intervento militare in Libia. In un discorso alla televisione di Stato il presidente venezuelano ha detto che i Paesi implicati vogliono solo «impossessarsi del petrolio libico» e che appoggiando la no-fly zone, le Nazioni unite «hanno infranto i propri principi fondamentali». Chavez, che ha legami da lungo tempo con il leader libico Muammar Gheddafi, ha chiesto diverse volte una mediazione per raggiungere una soluzione della crisi libica mentre i ribelli combattono contro le truppe del regime. «Sappiamo cosa succederà: bombe, bombe e guerra», ha detto Chavez, aggiungendo che le potenze straniere stanno sbagliando a intromettersi nel «conflitto interno della Libia». Infine ha definito l'intervento internazionale «triste e disgustoso». E anche il governo russo ha espresso rammarico della per gli attacchi militari. «Gli interventi armati, pur condotti all'interno di quanto prevede la risoluzione dell'Onu, ci sembrano affrettati - ha detto il portavoce del ministero degli esteri, Alexander Lukashevich -. Siamo convinti che il bagno di sangue in Libia vada fermato al più presto possibile con l'instaurazione di un immediato cessate il fuoco per permettere che i libici si parlino gli uni con gli altri. Non c'è altro modo per bloccare il conflitto in maniera definitiva». In Europa resta fuori dal conflitto la Germania di Angela Merkel che ha fatto sapere di non voler partecipare a missioni militari. Pesano su questa scelta le elezioni imminenti in alcuni lander. Resta invece tutta da chiarire la posizione della Turchia che, pur d'accordo con la no fly zone, non ha ancora dichiarato pubblicamente cosa farà. Ciò nonostante la rete al Arabiya ha fatto sapere che il governo di Ankara si è dichiarato disponibile a partecipare ai raid contro Gheddafi.