Il Tricolore unisce gli italiani
Il Tricolore fu adottato, per la prima volta, nel 1797 dalla Repubblica cispadana, dalla Repubblica Cisalpina. Fu adottato, per la prima volta, nel 1797 dalla Repubblica cispadana, dalla Repubblica Cisalpina, dal Regno di Sardegna, dal Regno d'Italia con al centro lo scudo sabaudo, infine dalla Repubblica italiana.Non è solo, il tricolore, un simbolo dello Stato, indicato esplicitamente della Costituzione, con le sue tre fasce verticali verde, bianco e rosso di eguali dimensioni. È anche un valore. Ogni bandiera, a dire il vero, rappresenta un valore. È, anzi, un valore in se stessa. Per non tradirla si può perdere persino un regno. il conte di Chambord, per esempio, nel 1871, rifiutò di salire sul trono di Francia con il nome di Enrico V per mantenere fede ai valori espressi dal vessillo bianco dei Borboni che aveva accompagnato la storia gloriosa della Francia monarchica e per non adottate il vessillo della Rivoluzione. Fu una scelta che segnò il futuro di quel paese e dell'istituzione monarchica in quel paese. Una scelta - dolorosa e sofferta per i monarchici allora in maggioranza nel Parlamento e nel paese - che sottolinea la sacralità della bandiera. Alla difesa della sacralità della bandiera si collega anche una vicenda di casa nostra, pressoché sconosciuta, ma emblematica. Erano gli anni in cui il fascismo, giunto al potere, si stava consolidando. Nel 1927 fu adottato un provvedimento che individuava il «fascio littorio» come nuovo emblema dello Stato da affiancarsi allo stemma sabaudo. I «fasci littori» invasero l'Italia. Ma non riuscirono a trovare posto nella bandiera accanto allo stemma sabaudo. Mussolini ci provò, più volte fino alla vigilia della guerra, facendo preparare i decreti necessari, ma il Re, Vittorio Emanuele III, rifiutò sempre di firmarli. Il «piccolo Re» fu irremovibile. La bandiera, evidentemente, per lui era qualche cosa di più di un simbolo dello Stato. Con la bandiera, insomma, non si può e non si deve scherzare. In questi giorni, il tricolore è tornato a sventolare dappertutto. Festoso. Ed è un bene che sia così. Anche se, in qualche caso, ci sono persone che lo sventolano senza rendersi conto di quello che esso rappresenta. Per pura speculazione, o sciacallaggio politico. O, addirittura, in una ridicola chiave antiberlusconiana in nome del cosiddetto «patriottismo costituzionale». Come hanno fatto certi tardi e malinconici epigoni di forze politiche, anche straparlamentari, una volta antinazionali, internazionaliste e antipatriottiche che, in tempi non lontanissimi, lo bruciavano in manifestazioni piazza inneggiando ai «paradisi» della rivoluzione sovietica o cinese o cubana e bollandolo di passatismo nazionalista. E che, ora, invece, in odio a Berlusconi e al centro-destra, si sono riconvertiti al patriottismo. Questo patriottismo, però, è un patriottismo peloso. Come ben dimostra l'utilizzazione, in alcuni cortei, della bandiera tricolore listata a lutto in segno di critica e protesta nei confronti del governo attuale: una utilizzazione che, subliminalmente, ripropone la vecchia e ideologica categoria storiografica del «Risorgimento fallito». È un falso patriottismo che ha in sé i germi della divisione anziché le premesse dell'unità della nazione. L'uso e l'abuso strumentali della bandiera, a fini di parte, sono gravi, ma almeno, riconosciamolo, fanno sventolare un vessillo che, da solo, ha la capacità e la forza di intenerire gli animi. Questo cattivo uso del tricolore è meno grave del dileggio che ad esso hanno riservato, in più occasioni e persino in questi giorni, alcuni ambienti leghisti. Emblematico è il caso, per esempio, verificatosi a Varese, dove la bandiera tricolore in una sede leghista è stata rimossa con la giustificazione che la sua esposizione era frutto di una «goliardata». Di fronte alla bandiera non c'è «goliardata» che tenga. E non c'è, neppure, una giustificazione, storica o politica, alla contestazione, al rifiuto e all'offesa del tricolore. Non si possono invocare, a scusante, la lotta contro il centralismo o la battaglia per il federalismo perché, non lo si dimentichi, l'opzione federalista fu una delle grandi opzioni della stagione risorgimentale ed è quindi, per ciò stesso, profondamente legata alla storia nazionale. La verità è, come si diceva all'inizio, che la bandiera non è solo un simbolo dello Stato ma un valore. Che va rispettato. Nelle grandi democrazie il culto della bandiera è un elemento e un fattore di coesione nazionale. Un solo esempio: gli Stati Uniti. Qui, nelle scuole e nelle famiglie, i giovani sono abituati a rispettare la bandiera, imparano a piegarla, a conservarla, ad esporla. Non è nazionalismo, è patriottismo, è consapevolezza della propria storia, della propria identità.