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Il Raìs prende tempo

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Cambiastrategia. Prima annuncia «l'inferno», sente il polso dei suoi: «Cos'è questo razzismo, questo odio? Cos'è questa pazzia? Se il mondo è impazzito, diventeremo matti anche noi. Risponderemo», minaccia. Poi, a risoluzione approvata, manda davanti alle telecamere il suo ministro degli Esteri Mussa Kussa a dire al mondo intero che il cessate il fuoco sarà immediato, che la Libia si impegnerà a proteggere gli stranieri presenti nel Paese e i loro beni. Ma i ribelli restano convinti che quello di Gheddafi sia un «bluff» («tutto il mondo sa che lui e la sua famiglia sono dei bugiardi») e continuano ad avere paura: la situazione è tutt'altro che migliorata, le truppe governative potrebbero usare «scudi umani» contro possibili attacchi aerei internazionali. Nonostante quanto assicurato dal regime alla comunità internazionale, raccontano, l'esercito libico ha di nuovo bombardato Misurata, ultima loro roccaforte nell'ovest del Paese, a soli 200 chilometri da Tripoli. L'attacco - assicurano - è andato avanti per ore, con «bombe di tutti i tipi» e colpi di artiglieria. Con i «lealisti» che hanno tentato di entrare in città con «circa 25 tank», uccidendo oltre 25 persone (confermati da fonti mediche), tra cui ci sarebbero anche alcuni bambini. A ovest, in realtà, ci sarebbero stati anche altri bombardamenti: a Nalut e a Zenten, dove ci sono ancora sacche di resistenza anti-regime. Come se il Raìs volesse prima chiudere il capitolo insorti nella Libia occidentale, per concentrare poi l'offensiva nella Cirenaica. Il portavoce del governo libico smentisce ogni attacco. Dopo l'annuncio del cessate il fuoco, nessuna operazione militare è stata lanciata. Ieri sera le truppe del raìs sono arrivate alle porte di Bengasi ma, assicurano, non hanno violato la tregua. Gli Usa dicono non sia vero. Gli uomini di Gheddafi invitano Malta, Turchia e Cina ad inviare degli osservatori per visionare la reale messa in atto del cessate il fuoco sui ribelli. Il raìs sa che la comunità internazionale non si fida di lui. Teme i raid aerei, ma non ha nessuna intenzione di arrendersi e abbandonare la battaglia. I suoi figli sono con lui. Sono loro ad aver tutto da perdere. «La Libia non ha paura», assicura il secondogenito del Colonnello, Saif al Islam. «Non aiuterete il popolo libico se ci bombarderete per uccidere i libici. Distruggerete il nostro paese, qui nessuno è contento», spiega. Il Colonnello sembra voler prendere tempo. Deve riorganizzare le forze e trasmettere nuovo entusiasmo ai suoi. Se prima erano i ribelli ad aver paura, a credersi ormai spacciati, adesso che la comunità internazionale ha deciso di intervenire, è a Tripoli che si respira nuovamente aria di incertezza. Molti fedelissimi del Raìs sono giovani, e inesperti. E anche l'arsenale militare non è quello di una superpotenza. Dopo le ultime diserzioni a Gheddafi rimangono alcuni caccia bombardieri Mirage di fabbricazione francese, i MiG 23 e i Sukhoi di provenienza russa. Certo il Muammar dispone di un sistema contraerei sofisticato (anche questo proveniente da Mosca) e di missili Scud potenziati, che - con la loro gittata di oltre 2000 km - possono arrivare a colpire le coste italiane. Il Raìs non va sottovalutato.

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