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Tripoli garantisce petrolio e gas all'Eni

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.«Scaroni è un amico, porte aperte all'Italia» ha detto il ministro del Petrolio libico Shukri Ghanem. Una dichiarazione che mette serenità al sistema degli approvvigionamenti italiani che dipendono per una fetta importante proprio dai giacimenti di petrolio e gas del deserto libico. «Abbiamo un'ottima relazione con l'Eni, una compagnia che lavora qui dagli anni '50 ed è tra le più importanti di quelle che operano in Libia» ha confermato Ghanem che ha aggiunto: «Svolgiamo un ruolo fondamentale per la sicurezza energetica dell'Italia, Paese verso cui esportiamo un milione di metri cubi di gas. Confermiamo tutti i contratti con Eni, e speriamo che facciano lo stesso». Il responsabile del petrolio e del metano di Tripoli ha poi precisato che la Libia intende «onorare» tutti i contratti in essere con le compagnie petrolifere straniere. Ghanem ha poi espresso rammarico per il fatto di non aver avuto aiuto, anche dall'Eni, «per domare gli incendi in alcuni degli impianti del Paese durante i disordini, installazioni che se fossero esplose avrebbero causato una catastrofe naturale in tutto il Mediterraneo». Parole che stemperano il quadro delineato mercoledì scorso dall'ad di Eni, Paolo Scaroni ai parlamentari della Commissione Bilancio della Camera. Scaroni aveva confermato lo stop della produzione di petrolio in Libia «anche a causa di un problema di spedizioni». Allo stato attuale l'unica attività che viene svolta nel Paese africano è la produzione di gas per uso domestico, con cui vengono alimentate tre centrali elettriche locali. Attività che Scaroni vorrebbe continuare a svolgere, a meno che non si decidano sanzioni anche in questo senso. Se ciò accadesse, però, bisogna essere «consapevoli» che senza il gas estratto dall'Eni «buona parte della Libia spegne la luce».

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