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Silvio rimpasta ma Prodi gonfiava

Silvio Berlusconi

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Le opposizioni naturalmente cercheranno di sfruttare al massimo la freddezza, diciamo così, manifestata ieri pubblicamente dal capo dello Stato di fronte ai «problemi ed esigenze di rafforzamento della compagine governativa» appena espostigli dal presidente del Consiglio. Una volta i rimaneggiamenti dei governi per sostituire ministri dimissionari, spostarne altri, nominarne di nuovi e mettere mano anche nella squadra dei sottosegretari si chiamavano rimpasti. E, se non giungevano segnali di disapprovazione o solo di sofferenza dall'interno della maggioranza, il presidente di turno della Repubblica assecondava normalmente l'inquilino di Palazzo Chigi. Al massimo, se l'operazione risultava particolarmente ampia e significativa, riguardando per esempio dicasteri di prima grandezza, come gli Esteri o l'Interno, il capo dello Stato reclamava in modo abbastanza discreto ma convincente, dopo avere provveduto alle nomine ministeriali chiestegli dal presidente del Consiglio, un bel dibattito parlamentare da chiudere con la certificazione di un voto di fiducia. Ora le cose sembrano cambiate. Al Quirinale si storce di più il naso. C'è aria di minore tolleranza o comprensione. O di maggiore rigore, come dicono le opposizioni compiacendosene, e sperando di assistere a un bell'incidente su cui imbastire un'altra partita contro l'odiato Cavaliere. Che ha la pretesa non solo di sostituire i ministri dimissionari ma anche di aumentare la consistenza complessiva della sua compagine governativa, tenendola comunque sempre ben al di sotto delle cento e più unità, tra ministri, vice ministri e sottosegretari, reclamate e ottenute dalla sinistra con l'ultimo governo di Romano Prodi. Adesso, quasi all'improvviso, si scoprono, si invocano, si reclamano le rigidità della cosiddetta legge o riforma Bassanini del 1999, adottata per riorganizzare e restringere le squadre di governo ma successivamente interpretata e ritoccata per allargarne le maglie e adeguarle di più alle esigenze politiche e funzionali delle maggioranze. Certo, rende bene sul piano propagandistico, diciamo pure demagogico, opporsi ad un aumento del numero dei ministri e dei sottosegretari. E gridare anche allo scandalo contrapponendo i maggiori oneri, per quanto limitati in termini assoluti e relativi, ai tagli alla spesa pubblica adottati da questo stesso governo e, più in generale, alle difficoltà economiche del Paese. Ma le esigenze del risparmio in questo caso sono più un pretesto che una ragione. Gli avversari di Berlusconi, senza alcuna distinzione, vogliono semplicemente impedire il potenziamento della compagine di governo nella speranza di fare esplodere vecchi e nuovi contrasti nella maggioranza, frustrando innanzitutto le aspettative legittimamente e umanamente createsi nel nuovo e determinante gruppo parlamentare dei "Responsabili". Che le opposizioni, dalle cui fila essi provengono, sfottono come "disponibili" e accusano più o meno esplicitamente di corruzione. Questa, e non altra, è la posta in gioco.

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