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Una battaglia di potere altro che diritti umanitari

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Finoa quando, ieri mattina, mi sono svegliata con un sogno. Un sogno curioso che metteva a posto qualche tessera del mosaico nordafricano come d'incanto. I collegamenti che la mia fantasia evidenziava mi sono sembrati convincenti e ho pensato di raccontarli. Innanzi tutto: chi è che guida la ribellione a Gheddafi? Il ministro della giustizia del governo del Colonnello. Non è un particolare insignificante. Non si sta parlando dell'ultimo arrivato, di una persona che non abbia condiviso metodi ed obbiettivi del governo libico! Continuando: una personalità pubblica, un uomo di potere che sa come va il mondo, non si muove, non si compromette in un'aperta ribellione, se non ha qualche concreta speranza di successo. In una parola: l'antico ministro della giustizia deve essersi assicurato appoggi di rilievo, e non tanto sullo scacchiere interno, quanto su quello internazionale. Ed ecco che, nel mio sogno, alcuni elementi si collegavano: prima gli Stati Uniti, poi Francia ed Inghilterra, sono partite lancia in resta in difesa dei ribelli antigheddafi. Ma come? Se in Francia e in Inghilterra avvenissero delle rivoluzioni, forse che i rispettivi governi non interverrebbero con la forza per reprimerle? La stampa internazionale, compresa quella italiana, appoggia senza esitazioni gli insorti di Bengasi e dà per scontata la necessità di un intervento umanitario in loro favore. Ma chi ci garantisce che quelli che dovremmo soccorrere siano fatti di una pasta diversa (e migliore!) di quella del Colonnello? Il mio sogno mi suggeriva che se le nostre coscienze non fossero state addormentate da decenni di propaganda marxista rivoluzionaria, se non fossimo stati abituati a leggere in ogni rivolta un anelito di libertà, avremmo avuto non molte, ma moltissime perplessità nella valutazione della situazione libica. E se l'ex ministro della giustizia stesse semplicemente cercando maggiore spazio politico per sé ed i suoi familiari? E se Francia ed Inghilterra stessero semplicemente cercando di aumentare il loro peso politico ed economico in nordafrica, scansando magari l'Italia, quell'Italia che, grazie a Berlusconi, ha negli ultimi anni consolidato le proprie posizioni? Il mio sogno terminava in un incubo: le rivalità fra le potenze occidentali finivano per consegnare la sponda meridionale del Mediterraneo alla violenza di un'insurrezione islamica anticristiana. Uscendo dalla metafora, ci converrebbe smetterla con l'eterna solfa del moralismo buonista. In Nordafrica si sta combattendo una battaglia di potere che poco ha a che fare con la democrazia e i diritti umani. A me sembra che, in questo contesto, l'unico che abbia i piedi saldamente piantati a terra sia il ministro Maroni. Eppure dovrebbe essere chiaro a tutti che fare la guerra a Gheddafi è un'operazione dall'esito perlomeno incerto. Un'operazione che, in ogni caso, ha molte probabilità di andare contro i nostri primari interessi nazionali.

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