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Scajola comincia la scalata al Pdl

Da sinistra il ministro Scajola e il premier Berlusconi

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«Ma potrò almeno parlare di politica?». Claudio Scajola se lo ripete da giorni. Aveva nettamente chiuso con le dimissioni da ministro dello Sviluppo nel maggio scorso, con quell'infelice battuta sulla casa pagata a sua insaputa a due passi dal Colosseo. Che voleva dire Scajola quel giorno? Voleva dire più o meno questo. Che lui quella casa la comprò e la pagò regolarmente e che forse ci fu un'operazione poco chiara fatta a sua insaputa. Ha atteso che la magistratura indagasse e lui non è stato indagato. Nel frattempo i pm hanno aperto un nuovo filone per riciclaggio. Scajola ha fatto un altro passo in avanti: dice che vuole comunque vendere la casa al Colosseo, darà in beneficenza il ricavato. E così spera di aver chiuso la vicenda. Va oltre. Mette su una fondazione, la Cristoforo Colombo, riunisce i suoi parlamentari: se ne contano una sessantina. Riprende a ricevere, a fare politica. Il sabato e la domenica è impossibile parlargli al telefono. Richiama lui alle undici di sera mentre il barbiere a casa Scajola fa il suo dovere. Rivuole un ruolo politico, riprendere a fare politica attiva. E così cominciano a circolare le voci. Si dice voglia rientrare nella squadra di governo, magari come ministro delle Comunicazioni dello spacchettato dicastero dello Sviluppo. Si parla di un suo ritorno alla guida del Pdl, magari come coordinatore. E già l'anima forzista vicina a Denis Verdini s'inalbera. Marcello Dell'Utri non gliele manda a dire: lo invita esplicitamente ad andare a fare altro. Ma Scajola va avanti lo stesso. Incontra più volte Berlusconi, soprattutto nel fine settimana ad Arocre. Capita anche l'altra sera. Va due ore dal Cavaliere, parla in maniera franca. Persino intima. Le sue coordinate sono chiare: il Pdl è un progetto che s'è fermato. C'è molta inquietudine tra i parlamentari. Soprattutto quelli forzisti che si sentono schiacciati dagli ex An da un lato e dalla Lega (e Tremonti) dall'altra. Ci sono troppi timori sull'anima azzurra che s'è andata annacquandosi strada facendo sino a non essere riconoscibile. Tutto farà ma mai e poi mai qualcosa contro il Cav. Dice tutto questo a Berlusconi e ha la sensazione che il premier le condivida. Tanto che si ridanno appuntamento per domani. Mentre sta tornando in macchina da Arcore a Imperia, le agenzie di stampa danno notizia di uno furibondo scontro tra i due. Scajola trasecola, chiama Berlusconi, protesta. Il Cavaliere allerta Bonaiuti, l'ufficio stampa, e smentisce. La domenica diventa un turbinio di telefonate. Ignazio La Russa e tutti gli altri ex finiani. Gli uomini di Verdini, con Denis tra l'altro aveva mantenuto un ottimo rapporto. A pranzo si chiude con la famiglia, come sempre accaduto quando ha preso le scelte che contano. E decide di fare una nota sul sito della sua fondazione per cercare di rimettere in ordine le cose. Anche se l'editoriale, dall'emblematico titolo «La bussola», è un po' di marca dorotea: dice e non dice. Comunque sia, scrive Scajola: «Una cosa va chiarita: il presidente Berlusconi e io abbiamo avuto sabato pomeriggio, ad Arcore, un incontro – come sempre – franco, costruttivo e amichevole. Chi ha diffuso una ricostruzione che non corrisponde alla realtà, e che lo stesso Berlusconi ha immediatamente smentito, non vuole il bene di Berlusconi, né del Pdl e del Governo, e neppure il nostro (ma questo non è un problema: chi assume una posizione politica si fa anche qualche nemico)». Spiega che ha sempre lavorato «per costruire un partito unito, radicato sul territorio, fondato sulla partecipazione e sulla democrazia interna, sul pluralismo delle idee e non delle correnti, su dei valori chiari: quelli che ci hanno consentito di entrare orgogliosamente a fare parte del Partito Popolare Europeo. La stessa cosa vorremmo fosse il PDL, geniale intuizione politica di Berlusconi che finora non è diventata uno strumento organizzato funzionante. Doveva essere il partito della gente, della nostra gente. Troppo spesso non lo è». Quindi ammette: «La componente che viene da An è rimasta una realtà quasi distinta rispetto a Forza Italia. Sempre leale a Berlusconi, ha saputo mantenere intatta e forte la sua originaria identità. Diverso è stato per noi: il glorioso passato di un partito forte come Forza Italia, che ha fatto la storia degli ultimi 15 anni della politica italiana, sembra andare perdendosi. Il risultato è che non si è nemmeno mai giunti alla costruttiva fusione delle due componenti, in nome di un'identità comune, come era nelle speranze di tutti». Infine chiarisce: «Se abbiamo pensato ai gruppi parlamentari “Azzurri per la Libertà”, quindi, è stato solo per manifestare un sentimento a nostro avviso troppo spesso inascoltato. Giungeremo a questo solo se, con la condivisione di Berlusconi, non ci sarà altro modo per riuscirci. Se esistono altre strade, naturalmente, siamo ben lieti di seguirle».

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