La dieta del Senato è da gourmet
Dieci milioni di euro in 48 mesi per i pranzi e le cene dei senatori, per la mensa e la caffetteria. L’accordo è stato registrato dall’ufficio gare di Palazzo Madama il 12 febbraio 2010. Ma nessuno lo conosceva perché non è mai stato pubblicato. Almeno fino a ieri. Sì perché dopo una lunga battaglia dei Radicali italiani, appalti, affitti, contratti del Senato sono stati messi su internet. E c'è di tutto. Auto blu, locazioni, ristrutturazioni di uffici mai aperti. E, appunto, «l'affidamento in appalto dei servizi di ristorazione per il Senato della Repubblica». È stato firmato dal vicesegretario generale e dal rappresentante legale della società Gemeaz Cusin spa e specifica, ovviamente, le caratteristiche del servizio, che include la fornitura e l'installazione dei distributori automatici di acqua e di altre bevande e la gestione della rivendita di tabacchi. Il contratto è partito il 1° febbraio dell'anno scorso e prevede che i pasti siani «serviti al tavolo nella modalità "alla carta"». A dire il vero non sembra un lavoro stressante. Si tratta di assicurare pranzi e cene ai senatori tre giorni a settimana, «di norma dal martedì al giovedì, dalle ore 12.30 alle ore 14.30 e dalle ore 19.30 alle ore 21.30». Con delle eccezioni: «Ove la seduta antimeridiana si prolunghi oltre le ore 14.00, il ristorante - stabilisce il contratto - dovrà restare aperto, consentendo l'ingresso ai parlamentari fino a mezz'ora dopo oltre il termine della seduta e comunque non oltre le ore 15.00». Stessa storia per la sera ma «comunque non oltre le ore 23.00». Ma questo è niente. «Il menù dovrà proporre - precisa l'articolo 4.9 - prodotti sempre freschi e primizie di stagione. Eventuali variazioni del programma settimanale saranno preventivamente sottoposte all'Ufficio dell'Economato al massimo entro le ore 11.00 della giornata di riferimento della variazione». Poi vengono precisate le modalità del servizio per la caffetteria e per il bar dei senatori nell'immobile di via di S. Chiara e di quello riservato al personale. Sulla qualità dei prodotti non si scherza. Infatti il testo ribadisce: «dovranno essere di primaria e riscontrata qualità e rispondere alle caratteristiche organolettiche e alle grammature indicate negli allegati 1), 2a), 3) e 5) al Capitolato tecnico». Il Senato sborserà 10 milioni di euro in quattro anni, oltre, ovviamente, al prezzo dei pasti e di tutto il resto pagato dai clienti. A cui si aggiungono le spese per la manutenzione ordinaria e straordinaria dei locali, i consumi di energia elettrica, gas, acqua, telefono, fax, riscaldamento e condizionamento degli ambienti «nonché le spese relative alle riparazioni degli impianti fissi, quelle relative a interventi di derattizzazione e disinfestazione contro insetti striscianti e volanti e le imposte e/o tasse necessarie per l'asporto dei rifiuti e l'eventuale scarico nella rete fogniaria». Ma pranzi e cene dei senatori non sono niente se si prende un'altra voce mai resa pubblica: i rimborsi liquidati nel 2010 per l'assistenza sanitaria integrativa (Asi) dei deputati e il fondo solidarietà. Gli iscritti all'Asi sono, oltre ai 630 deputati attuali e 1.109 loro familiari, anche 1.329 titolari di assegno vitalizio e 1.388 parenti, 484 titolari di vitalizio di reversibilità e 25 familiari, 217 deputati in attesa di vitalizio e 386 parenti, 2 giudici emeriti della Corte costituzionale e 2 loro familiari e, infine, 2 parenti di giudici della Consulta titolari di reversibilità. Ecco i rimborsi: 2 milioni 743 mila 122,99 euro ai deputati in carica, 5 milioni 346 mila 656,41 euro ai deputati titolari di assegno vitalizio e oltre un milione a quelli di reversibilità. Se si aggiungono i soldi liquidati per i deputati in attesa di assegno vitalizio, quelli per coniugi senza assegno vitalizio di reversibilità e i rimborsi ai giudici della Corte Costituzionale, allora si arriva esattamente a 10 milioni 117 mila 331,96 euro. 1.Continua