Quando si parla di incidenti nucleari la memoria vola veloce al 1986 e alla centrale di Chernobyl.

Inquell'occasione errori umani, fra cui il disinserimento dei sistemi di sicurezza, e alcuni difetti di progettazione provocarono un'esplosione del reattore e il suo scoperchiamento. Una nube di materiali radioattivi fuoriuscì dal reattore e ricadde su vaste aree intorno alla centrale che furono pesantemente contaminate, rendendo necessaria l'evacuazione di circa 336.000 persone. Nubi radioattive raggiunsero anche l'Europa orientale, la Finlandia e la Scandinavia e furono registrate anche in Italia e nel sud del continente. Sul fronte delle vittime i rapporti ufficiali dell'Onu parlano di 4mila al massimo, mentre alcune organizzazioni ambientaliste hanno fornito stime molto più alte, fino a 6 milioni di decessi contando anche gli effetti a lungo termine delle radiazioni. Da questo punto di vista l'incidente di Fukushima (livello 4) ricorda più ciò che accadde nel 1979 nella centrale americana di Three Mile Island (livello 5). Il malfunzionamento di una valvola secondaria portò, come nel caso giapponese, alla diminuzione del liquido refrigerante e a una fusione parziale del nocciolo. Non ci furono esplosioni né vittime, ma il rilascio di sostanze radioattive in un raggio di 80 km dalla centrale determinò il blocco della costruzione di nuove centrali negli Usa rimosso solo lo scorso anno. Fra gli altri incidenti gravi vanno sicuramente segnalati quello di Chalk River, in Canada, nel 1952, il primo della storia e catalogato con una categoria 5, ma anche quello di Mayak in Russia nel 1957 (livello 6). Nello stesso anno a Windscale (oggi Sellafield) nel Regno Unito si verificò un incidente di livello 5. Livello 4, invece, per i disastri di Goiania in Brasile (4 morti nel 1987), di Saint-Laurent in Francia (1980), Tokaimura nel 1999 in Giappone.