L'Angelino custode
Il primo passo è fatto. Probabilmente era il più insidioso, ma dopo due ore di colloquio con il Capo dello Stato Giorgio Napolitano, il Guardasigilli Angelino Alfano è sceso dal Colle con la certezza che la riforma della Giustizia, così come è stata pensata, può proseguire il suo cammino.Stamattina alle 9 il Consiglio dei ministri si riunirà per discutere gli ultimi dettagli, ma il governo può andare avanti. Certo, Napolitano segue con attenzione il percorso della riforma e vuole che tutto avvenga attraverso un confronto ampio e larghe intese. Sicuramente nutre qualche dubbio. Ha chiesto ad Alfano come questo testo impatterà sugli altri provvedimenti in materia già presentati in Parlamento, ma per ora non è entrato nel merito e sicuramente non farà mancare la propria firma che, in questo caso, ha il valore di un'autorizzazione al deposito in Parlamento. E pensare che Repubblica, anticipando l'incontro, aveva descritto il Capo dello Stato come «infastidito» e «irritato». Al punto da snobbare l'incontro «tardivo» e «solo formale» con il ministro inviando, al proprio posto, il segretario generale del Quirinale Donato Marra. Una descrizione che, vestita con qualche condizionale («l'irritazione del Colle sarebbe arrivata a tal punto che...»), mirava a rendere plausibile una frattura netta tra il presidente della Repubblica e governo sulla riforma della Giustizia. Ma forse quello di Repubblica era semplicemente un auspicio. Alla fine, infatti, Napolitano ha regolarmente ricevuto Alfano che, dopo due ore di colloquio, ha commentato: «È andata bene. Ho illustrato il disegno di legge di riforma della Costituzione in materia di giustizia. Il presidente ha ascoltato, ha preso atto ed ha svolto considerazioni di carattere generale che io ho ascoltato e recepito con la dovuta attenzione. Sono soddisfatto dell'incontro». E a chi gli chiedeva se dopo il faccia a faccia il governo avesse intenzione di modificare il testo ha risposto: «Quale testo? Il testo lo presentiamo domani (oggi ndr). Le indiscrezioni hanno rango di indiscrezioni, i testi quello di testi». In ogni caso, anche se il testo ufficiale verrà presentato solo stamattina, sono già filtrate le prime indiscrezioni. La riforma dovrebbe essere composta da 16 articoli e assicurerà la separazione di giudici e Pm. I primi costituiscono un «ordine autonomo e indipendente da ogni potere e sono soggetti soltanto alla legge», i secondi sono invece un «ufficio» organizzato secondo «le norme dell'ordinamento che ne assicurano l'indipendenza». Il pubblico ministero, inoltre, continuerà ad avere l'obbligo di esercitare l'azione penale ma «secondo i criteri stabiliti dalla legge». Verrà introdotta la responsabilità dei magistrati; ciò significa che le toghe potranno essere chiamate a rispondere di tasca propria dal cittadino per errori commessi, come avviene per i medici o per i funzionari della Pubblica amministrazione. E infatti la bozza prevede che i magistrati siano «direttamente responsabili degli atti compiuti in violazione dei diritti, al pari degli altri funzionari e dipendenti dello Stato». «Nei casi di ingiusta detenzione o di altra indebita limitazione della libertà personale - prosegue il testo -, la legge regola la responsabilità civile dei magistrati» la quale «si estende allo Stato». Ci sarà un doppio Csm: uno per i giudici e uno per i Pm. Entrambi dovrebbero essere presieduti dal Capo dello Stato, ma la discussione è ancora in atto e solo stamattina si saprà la decisione definitiva. Del Csm dei giudici farà parte di diritto il primo presidente della Cassazione, in quello dei Pm siederà il Pg della Cassazione e sarà ribaltata l'attuale proporzione: la componente «togata» dovrebbe infatti essere ridotta a un terzo (previo sorteggio degli eleggibili) mentre quella «laica» arriverebbe a due terzi. I due Csm non potranno «adottare atti di indirizzo politico né esercitare attività diverse da quelle previste dalla Costituzione». Così come i Consigli superiori, anche la nuova Corte di disciplina sarà divisa in due: una sezione per i giudici e una sezione per i Pm. Mentre dovrebbe essere reintrodotta l'inappellabilità delle sentenze di assoluzione contenuta a suo tempo nella «legge Pecorella» poi bocciata dalla Corte Costituzionale. Alfano, presentando il testo ai Responsabili, avrebbe ribadito che quella della giustizia sarà «la carta decisiva del governo» e che l'obiettivo è quello di portarla ad approvazione. In ogni caso, avrebbe assicurato, il testo sarà il più aperto possibile al confronto e il Pdl starebbe già ragionando su una mobilitazione territoriale per spiegare alle persone i contenuti del testo.