"Fare le riforme non è reato"
«Riformare la Giustizia non è reato». Con queste parole Gaetano Quagliariello, vicecapogruppo vicario del PdL al Senato, ha voluto rispondere alle critiche mosse da alcuni costituzionalisti al testo varato dal Governo. Una controffensiva lanciata dalla Fondazione Magna Carta della quale Quagliariello è presidente ordinario, che, proprio ieri, ha voluto organizzare una conferenza per dare la possibilità a molti giuristi e costituzionalisti di elencare i punti di forza della riforma. Un evento nel quale si sono confrontati ordinari di diritto Costituzionale come Giuseppe De Vergottini, docente a Bologna, Ida Nicotra collega dell'università di Catania e Giovanni Pitruzzella di quella di Palermo. Tre docenti che nelle loro relazioni hanno affrontato l'equilibrio costituzionale dalla magistratura alla Giustizia, gli errori e le responsabilità dei magistrati e, infine, la separazione delle carriere e il nuovo Csm. A questi si sono uniti il professore di Procedura penale alla Sapienza Giorgio Spanger (ha analizzato il sistema penale tra obbligatorietà e garanzie) e l'ordinario di Diritto pubblico a Tor Vergata Giovanni Guzzetta che ha analizzato il problema della giustizia ai tempi dell'Assemblea costituente. E dove la «dottrina» non arriva ecco che Magna Carta ha fatto scendere in campo chi, come Valerio Spigarelli, presidente dell'Unione delle Camere penali italiane, e Ennio Amodio, presidente dell'Associazione tra gli studiosi del processo penale, si trova ad affrontare quotidianamente i problemi legati al diritto di difesa, alla terzietà del giudice fino ad arrivare alle difficoltà che incontra il processo penale nel dedalo delle riforme. Sette relatori che, oltre ad aver attirato l'attenzione del Guardasigilli Angelino Alfano ospite della conferenza, hanno suscitato in Quagliariello la voglia di proporre «una moratoria delle bugie». Una sorta di «sfida in positivo - ha ribadito il senatore - a quanti fra i nostri avversari non intendono svendere la ragionevolezza alle esigenze della propaganda». Un auspicio lanciato nella speranza che durante il lungo dibattito parlamentare sulla riforma sia possibile confrontarsi «anche duramente sui contenuti ma mettendo al bando la menzogna e la disinformazione».