Il Cav si opera. Poi vede Bossi
Tutti i fedelissimi drammatizzano un po'. L'operazione pesante. Dovrà riposarsi. A letto, da solo. Solo i figli possono accedere. Appena finirà l'effetto dell'anestesia sentirà di nuovo i dolori, la notte sarà dura. Insomma, il leit motiv è quello. Tutti i berlusconiani più accesi tendono a metterla giù un po' in negativo questa storia dell'operazione del Cavaliere. Ripetono: chissà se giovedì ce la fa ad andare in Consiglio dei ministri, riunione durante la quale dovrebbe essere decisa la «riforma epocale della Giustizia». Tutti però giurano: farà di tutto per esserci. Si vedrà. Quel che è certo è che ieri il premier è finito sotto i ferri. Un po' a sorpresa visto che davvero in pochi erano a conoscenza di questo intervento clinico (nemmeno il ministro degli Esteri israeliano sapeva, incontro annullato giusto ieri mattina) sebbene fossero ormai settimane che il lunedì mattina Berlusconi si recava al San Raffaele di Milano per controlli ai denti. Così, a ora di pranzo è una nota ufficiale di palazzo Chigi a firma del professor Alberto Zangrillo, medico personale del Cavaliere, a informare dell'operazione avvenuta: «Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, è stato sottoposto ad un intervento chirurgico maxillo-facciale di trapianto osseo ed implantologia in anestesia generale. L'intervento, durato quattro ore, e si è reso necessario per ripristinare l'anatomia e la funzionalità masticatoria gravemente compromesse in occasione dell'attentato del 13 dicembre 2009». Berlusconi deve farsi operare per farsi risistemare il dente saltato per effetto della statuetta tiratagli addosso da Tartaglia. Inetavitabilmente l'intervento lo riporta a quel giorno. Berlusconi non ce l'ha con il suo attentatore, ce l'ha «con il clima d'odio che si creò allora e che perdura ancora oggi». Ce l'ha con i magistrati che hanno subito declassato l'episodio di piazza Duomo come il "gesto di uno squilibrato": «Vorrei far vedere che cosa mi è costato», commenta ancora. Salute, politica; vita pubblica e vita privata. Tutto si intreccia come al solito nel favoloso mondo di Silvio. A stargli vicino per l'intervento i figli Marina e Pier Silvio, poi arrivano anche Eleonora e Luigino, figli anche di Veronica Lario. Non si vede Barbara, che per un giorno si è dedicata ai suoi pargoli che stanno attraversando un momento delicato dopo la separazione dal compagno. Il premier torna ad Arcore per pranzo. Si mette subito al lavoro. La convalescenza gli consente di non subire il solito assedio di telefonate soprattutto per il rimpasto. Ma non può respingere l'assalto della Lega, i cui leader è costretto a vedere a cena. Si parla delle nuove nomine nel governo e nelle aziende pubbliche. Si discute anche della riforma della Giustizia visto che Bossi insiste per i magistrati eletti dal popolo. E si analizza l'invasione degli immigrati che stanno cercando in ogni modo di raggiungere le coste italiane. La partita più complicata resta quella del governo. Nelle ultime settimane Berlusconi ha preso a rifare politica in prima persona. E ha richiamato in servizio quelli del '94. Parla più spesso con Marcello Dell'Utri, rivuole Claudio Scajola al comando. Forse del partito. Forse anche al governo: per lui si parla del ministero delle Comunicazioni, ricostituito dallo scorporo dello Sviluppo Economico. Per il resto non sembrano esserci dubbi per Saverio Romano all'Agricoltura. Resiste ancora Giancarlo Galan, non vuole essere trasferito alla Cultura ed è difficile che possa andare alle Politiche Europee. L'ex presidente del Veneto, infatti, ora è alle Politiche Agricole che è un ministero con portafoglio, mentre le Politiche Comunitarie è in realtà una delega della presidenza del Consiglio: per Galan sarebbe un declassamento non accettabile. Più probabile che sulla poltrona che venne occupata da Andrea Ronchi vada il sottosegretario alla presidenza Paolo Bonaiuti. C'è poi una questione che al momento è ancora irrisolta. Berlusconi ha già annunciato di avere intenzione di allargare la squadra di governo, nominando nuovi sottosegretari. Ma ancora non è deciso se giovedì intende varare anche un decreto legge per allargare i posti da assegnare in modo da renderli immediatamente disponibili oppure scelga una soluzione più soft. Per esempio chiudere l'accordo politico oggi e nominare i sottosegretari più avanti approvando per ora un disegno di legge da sottoporre poi al Parlamento. Non è una decisione da poco e in questa fase anche una virgola può essere determinante.