Il Belpaese "offre" la sua disponibilità

La Grecia lo ha fatto sapere il tre marzo. Siamo pronti, ha detto il ministro degli Esteri Dimitris Droutsas, «a qualsiasi eventualita e a ogni iniziativa per porre fine alla violenza in Libia» in collaborazione con in resto della comunità internazionale e sotto l'egida dell'Onu. La Germania, pur sottolineando la sua contrarietà ad un'azione militare, ha appoggiato ulteriori sanzioni contro il Colonnello e il suo regime, spiegando che quelle adottate dall'Unione europea non sono sufficienti. Ieri il primo ministro inglese David Cameron ha riferito che la Gran Bretagna sta cercando il massimo appoggio possibile alle misure che potrebbero essere adottate dalla comunità internazionale nella crisi libica, compresa una risoluzione del Consiglio di Sicurezza sulla no fly zone. Per la Francia tutte le opzioni sono sul tavolo per risolvere la crisi libica, anche il divieto di volo nei cieli libici. E l'Italia? Dopo aver annunciato che non metteremo a disposizione i nostri caccia anche se «presteremo» le basi dalle quali quelli della Nato potranno decollare per il Nordafrica (e aver precisato che non gesttiremo il campo profughi da noi allestito al confine fra Libia e Tunisia), ieri il Consiglio supremo della Difesa riunito per oltre due ore al Quirinale alla presenza del capo dello Stato, del premier, di numerosi ministri e militari ha dato (finalmente) la sua disponibilità. Farà la sua parte per contribuire in modo «attivo» alle decisioni della comunità internazionale. All'incontro, oltre al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, c'erano quello del Consiglio Silvio Berlusconi, i ministri degli Esteri, dell'Interno, della Difesa e del Tesoro e dello Sviluppo economico Roberto Maroni, Ignazio La Russa, Giulio Tremonti e Paolo Romani, oltre ai rappresentanti delle forze armate. «L'Italia - si legge nel comunicato finale - è pronta a dare il suo attivo contributo alla migliore definizione ed alla conseguente attuazione delle decisioni attualmente all'esame delle Nazioni Unite, dell'Unione Europea e dell'Alleanza Atlantica». Una dichiarazione formale che include le «misure adottate e quelle in approntamento per il soccorso dei profughi e la loro evacuazione».