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Cialente se ne va, L'Aquila al voto

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Massimo Cialente

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Un consiglio comunale che non poneva grandi questioni all'ordine del giorno. Su un punto la maggioranza non ha i numeri. Troppe assenze, troppo pressapochismo. Il sindaco Massimo Cialente è furioso, anche se cerca di non darlo a vedere. Si alza, chiede e ottiene la parola. Saluta tutti e annuncia le dimissioni. Una scena già vista, a cui Cialente ha abituato in tempi non sospetti gli aquilani. Questa volta, però, dovrebbero essere irrevocabili. «No comment - esordisce al telefono - parlerò con il presidente del consiglio comunale e con il segretario generale per ratificare le dimissioni». Ha venti giorni per ripensarci, anche se vorrebbe che il ministro Maroni inserisse anche L'Aquila tra i Comuni che a maggio eleggeranno i nuovi sindaci. Impossibile pensare alla campagna elettorale quando le urgenze sono ben altre, quando i cittadini pretendono risposte. Le dimissioni di Cialente sono la sconfitta di consiglieri comunali che dovrebbero vergognarsi di aver fatto finta di amministrare L'Aquila dopo il terremoto. Consiglieri che non hanno prodotto qualcosa di utile, che non si sono rimboccati le maniche per garantire alla gente risposte concrete. Un puzzle di gente di sinistra o presunta tale che era più impegnata a sparare a zero contro il Governo nazionale, a quanto si stava facendo per garantire un tetto agli aquilani sfollati che a sostenere il proprio primo cittadino a governare la città. Massimo Cialente era vicecommissario per la ricostruzione. Le sue dimissioni sono state conseguenza della classe politica cittadina. Più volte il sindaco ha apprezzato il lavoro di Berlusconi e Letta e questo non piaceva al Pd. Un partito che dopo aver perso la Provincia ha dirottato l'ex presidente Stefania Pezzopane dentro la giunta comunale. Anche lei non è riuscita a dare impulso a una banda scalcagnata che da tempo aveva voltato le spalle al sindaco. Ieri mattina il ko su un ordine del giorno relativo alla riorganizzazione delle ex municipalizzate. Quando è mancato il numero legale, erano presenti solo 19 consiglieri. Cialente si è innervosito. «Prendo atto delle difficoltà di questa maggioranza. Chiamerò il ministro degli Interni Roberto Maroni per capire se, in caso di mie dimissioni, si possa andare al voto già il prossimo 15 maggio. Un anno di commissariamento è impossibile». Cialente al capolinea. «Siamo senza bilancio. Io l'anno scorso fino ad agosto ho dovuto governare in dodicesimi prendendomi i vituperi degli aquilani a cui non potevo comprare neanche un sacchetto di catrame. C'è una situazione allucinante sulla ricostruzione pesante, sulla quale si è voluto giocare. Io ce l'ho messa tutta. Mi sono fatto carico anche di quello che non mi spettava. Prendo atto che non c'è più una maggioranza né un consiglio che abbia voglia di andare avanti». Chi teneva alla propria seggiolina si trova con il sedere per terra. «La mia preoccupazione va ora ai lavoratori delle aziende che stiamo cercando di salvar disperatamente e ai cittadini, che vivono uno stato di confusione enorme tirati dentro in polemiche strumentali per i grandi affari che si devono fare in questa città. Chi non ha capito questo non ha reso un servizio alla città. In consiglio ci sono persone a cui non chiedo di avere esperienza per capire queste cose, anche se essere consigliere di una capoluogo non è lo stesso di esserlo in un piccolo centro. La storia giudicherà».

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