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Alla faccia dell'unità predicata da Gianfranco Fini i futuristi litigano, si prendono a male parole e si dividono

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Ieriè accaduto su un voto importante alla Camera, quello che prevedeva la restituzione al collegio per i reati ministeriali degli atti sull'inchiesta che riguarda l'ex ministro delle Infrastrutture Pietro Lunardi. Una parte – piccola – ha votato a favore, insieme alla maggioranza, un'altra – la più corposa – ha preferito uscire dall'aula, e una terza si è astenuta. Insomma Futuro e Libertà continua a vivere come se fosse sempre attaccato a una presa elettrica. E il più elettrico di tutti è, ovviamente, Fabio Granata. Ieri pomeriggio ha fatto fuoco e fiamme perché voleva assolutamente votare contro il provvedimento. Insieme al Pd e all'Italia dei Valori. Ha minacciato di andarsene, ha litigato con Benedetto Della Vedova. Alla fine è stata decisa la linea dell'astensione. Ma alla decisione del capogruppo non ha «obbedito» neppure Italo Bocchino, il numero due del partito. E Fli si è dispersa votando in tre modi diversi: dieci deputati, tra cui appunto Granata si sono astenuti; altri tre hanno invece votato a favore (Consolo, La Morte e Patarino) insieme a Pdl e Lega, e in 15 sono usciti dall'aula. Tra cui Bocchino, Urso e Ronchi. La lite tra Benedetto Della Vedova e Granata è proseguita fuori dall'aula. E alla fine, in Transatlantico, è servita tutta la pazienza e la diplomazia di Roberto Menia per mettere pace. Ma che Granata sia insofferente alla disciplina di partito che Gianfranco Fini vorrebbe imporre lo dimostra anche il fatto che sarà l'unico, insieme ad Angela Napoli, che parteciperà domenica alla manifestazione contro Berlusconi. La sera prima, lunedì, era stato sempre lui a innescare una polemica con l'altra anima inquieta del partito, Adolfo Urso. Quest'ultimo aveva sottolineato la necessità per Fli di restare nell'ambito del centrodestra e immediatamente Granata, sul suo blog, lo aveva attaccato. «Fini e alcuni di noi sono stati espulsi dal Pdl e da Berlusconi e il 13 dicembre la sfiducia votata è stata conseguenza logica e doverosa di un percorso: chi oggi, dall'interno di Fli, mentre si costituisce in corrente, mette in dubbio ipocritamente la opportunità di quelle scelte dà implicitamente ragione ai quaquaraquà di cui parlava Fini». La replica è arrivata ieri mattina: «Se qualcuno lo pensasse veramente, lo dica: sono pronto a togliere il disturbo». Un botta e risposta acido, velenoso, che scava un solco sempre più profondo tra Adolfo Urso e il resto del partito. Per il momento l'ex viceministro ha scelto di rimanere dentro Fli ma in cambio ha chiesto a Fini garanzie per la sua Fondazione FareFuturo.

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