«Un aggettivo per Fini? Findus»
Propriolui che per seguire il progetto di Fli ha addirittura rinunciato alla poltrona di viceministro dello Sviluppo Economico. Alla fine, nonostante il travaglio, Adolfo Urso è restato. Anche se ieri ha deciso di togliersi qualche sassolino dalle scarpe. Ospite di «Un giorno da Pecora» l'esponente di Fli non ha risparmiato critiche a Gianfranco Fini e per l'occasione ha coniato per lui l'aggettivo «Findus». Quindi ha attaccato la strategia dei «falchi»: «Abbiamo pagato un prezzo. Quattro senatori e quattro deputati in meno, però alla fine la linea politica, che era emersa con chiarezza già nell'assemblea costituente, è stata ribadita. Una forza politica, qualunque essa sia, deve pensare a come costruire qualcosa, non a come a lacerare. Dobbiamo unire, non ostruire». E ancora: «Non vorrei che il mio partito si riducesse ad essere come l'Isola dei Famosi. In entrambi si sta lì per apparire, e si gioisce quando uno se ne va. Non è che dobbiamo gioire quando facciamo allontanare qualcuno e io non sono felice perché tanti amici hanno pensato di comportarsi così di fronte a delle posizioni politiche». L'ultimo pensiero è ancora per il leader che domenica, dal palco del cinema Adriano, ha bollato come «ominicchi e quaquaraquà» coloro che hanno lasciato Futuro e libertà. «Chi si è dimesso dal governo, come Pasquale Viespoli - ha spiegato Urso -, per un battaglia e un impegno politico, non è certamente, comunque e a prescindere, un quaquaraquà». «Chi lascia le poltrone e si dimette dal governo, come Viespoli che era sottosegretario appunto, per una scelta politica ideale, era idealista ieri e lo è oggi. Io non cambio parere sulle persone a seconda delle scelte che fanno. Semmai cerco di capirle. Secondo me il linguaggio deve essere diverso, io non ho mai parlato di una persona come un quaquaraquà. Io dico che la politica è politica, e ciascuno ha il diritto di fare quello che crede. Chi è uscito da Fli per approdare in altre formazioni è gente che ha fatto una scelta diversa». Ma mentre Urso difende i fuoriusciti Fabio Granata va all'attacco: «Fini e alcuni di noi sono stati espulsi dal Pdl e da Berlusconi e il 14 dicembre la sfiducia votata è stata conseguenza logica e doverosa di un percorso. Chi oggi, dall'interno di Fli, mentre si costituisce in corrente, mette in dubbio ipocritamente la opportunità di quelle scelte dà implicitamente ragione ai quaquaraquà di cui parla Fini».