Quattro finiani al cinema
La parola magica è «deparlamentarizzazione». A pronunciarla, alla prima assemblea dei circoli di Futuro e Libertà, è il deputato Antonio Buonfiglio, che introduce i lavori dell’ennesima «convention» finiana. La sua tesi è molto semplice. Sì, è vero, in Parlamento negli ultimi tempi ci sono state alcune fughe, in pieno stile "si salvi chi può". Ma quel che conta è il Paese, quello che sta fuori dai Palazzi della politica. «Il Paese». «La base». Sarà. Intanto la scena è questa: è domenica mattina, nella Capitale c'è il sole, Gianfranco Fini - uno che la politica la fa mica da ieri, un leader, un capo popolo - interviene alla prima assemblea dei circoli di un partito appena nato in un cinema in centro, e - ad ascoltarlo - ci sono quattro gatti. «Ma come? - Si dirà - la sala era quasi piena. Appunto. Una sala da 400 posti «quasi piena» per Gianfranco Fini. Quando il presidente della Camera fa il suo glorioso ingresso, sulle note dell'Inno di Mameli, i «buchi» si fanno ancora più evidenti. I cartelloni che sono stati distribuiti, su cui campeggia l'improbabile scritta «Fini presidente», sono pochi e non attirano l'attenzione dei flash. Sono gli stessi finiani, off the record, a mostrare un certo rammarico: «In realtà ci aspettavamo qualcosina in più», ammette qualcuno. Bocchino e compagni si consolano plaudendo alla presenza di Adolfo Urso, dato in partenza per giorni da Fli, e schierato in poltrona accanto a Fini per sottolineare alle telecamere la vicinanza tra i due. È invece assente Andrea Ronchi, ma «per motivi familiari», si affrettano a ripetere gli organizzatori. «Gli italiani», quelli che sono rimasti a casa, in realtà non è che si siano persi granché. L'intento della manifestazione - neanche troppo nascosto - è quello di chiarire, una volta per tutte, l'area politica di riferimento di Fli. «Il vero centrodestra», è lo slogan che campeggia ovunque. Fini ripete quel che recita da settimane. Intanto le defezioni: «Dopo il congresso non si deve dedicare un solo minuto in più a chi c'era e a chi non c'è più. Il problema non è quanti deputati abbiamo, se uno in più o uno in meno, ma conta soltanto avere le idee. Quel che è avvenuto mi ha fatto pensare al romanzo "Il giorno della civetta" (di Leonardo Sciascia, ndr) dove si dice che esistono uomini, ominicchi e quaquaraquà», spiega. Poi il Cav e la Sinistra: quanto a una politica veramente riformatrice e che guardi ai problemi veri del Paese «il centrosinistra è in ritardo quanto Berlusconi». L'essere alternativi all'attuale centrodestra - ribadisce - non significa non essere alternativi a questa sinistra, che in quest'ultimo periodo - Fini ne è sicuro - non è stata in grado di mettere in campo un'idea che appassioni gli italiani». A quanto pare, stando a quel che è accaduto una domenica mattina in un cinema romano (e volendo per un attimo dimenticare quanti lo hanno già abbandonato in Parlamento) non ci è riuscito neanche lui.