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Si è ristretta l'opposizione

La Camera dei deputati durante la votazione della manovra finanziaria

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Che fine ha fatto l'opposizione? Dopo il voto sul federalismo municipale la domanda è diventata ineludibile. Perché sarà anche vero che il Parlamento non lavora e che la produttività di Camera e Senato è ai minimi storici, ma allo stesso tempo non può passare in secondo piano il fatto che dopo il voto del 14 dicembre il fronte contro Silvio Berlusconi, soprattutto a Montecitorio, si è ristretto al punto da diventare assolutamente ininfluente per la tenuta del governo. E pensare che dopo quel voto di fiducia, terminato 314 a 311 a favore della maggioranza, Pier Luigi Bersani aveva lanciato il suo grido di battaglia: «Ora seguiremo un'opposizione fermissima e dura. Questo governo non può governare e credo che lo sappiano anche loro. Non hanno governato con 100 voti, non penso riescano con tre». La logica matematica era stringente, ma il segretario Pd non aveva fatto i conti con la realtà parlamentare. Una settimana dopo, il 21 dicembre, lo scarto superava nuovamente quota 100. Alla Camera si votava il disegno di legge di conversione del decreto che stabiliva il «Subentro delle amministrazioni territoriali della regione Campania nelle attività di gestione del ciclo integrato dei rifiuti» e la partita finiva 334 a 213 in favore di Lega e Pdl (sostenuti anche da Fli e Udc). Bersani era assente. Nulla di strano, si dirà, dopo una battaglia così cruenta le truppe hanno bisogno di tempo per riprendersi prima di sferrare un nuovo attacco. Ed eccoci a gennaio. Il 19 il Guardasigilli Angelino Alfano relaziona in Aula sullo stato della Giustizia. Le comunicazioni vengono approvate con uno scarto di 20 voti: 305 a 285. Non solo, ma le risoluzioni presentate dall'opposizione, vengono respinte senza particolari patemi: 379-210 quella di Antonio Di Pietro, 304-210 quella di Pier Ferdinando Casini, 304-210 per Dario Franceschini. Il giorno dopo torna in Aula il disegno di legge sui rifiuti campani approvato a dicembre e modificato dal Senato. A distanza di un mese la vittoria è ancora più netta: 329 a 187. Mercoledì 26 è la volta della mozione di sfiducia al ministro Sandro Bondi. Il distacco tra maggioranza e opposizione tocca quota 22: 314-292. Si scende a 17 il 3 febbraio quando l'Aula di Montecitorio è chiamata ad esprimersi sull'autorizzazione ad eseguire perquisizioni domiciliari nello studio del ragioniere del premier Giuseppe Spinelli (315-298). Le settimane successive si susseguono senza problemi. Ratifiche di trattati, una proposta di legge sull'inapplicabilità del giudizio abbreviato ai delitti puniti con l'ergastolo, il testo unificato sulla montagna. La chiusura è una passeggiata: il 25 febbraio milleproroghe (309-287), mercoledì il federalismo (314-291). Insomma dal 14 dicembre ad oggi l'opposizione non ha più superato quota 300. E anche se a guidarli non c'è Carlo Pisacane la conclusione è la stessa della celebre Spigolatrice di Sapri: «Sono morti».

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