Fini: "Sinistra e premier due blocchi conservatori"
Più base e meno giochi di Palazzo. Paletti a sinistra e stop all'antiberlusconismo. Sono questi i tre punti chiave del Fini-pensiero per affrontare la 'traversata del deserto' che aspetta Futuro e liberta' dopo lo spartiacque del 14 dicembre e l'amarezza delle defezioni che hanno, tra l'altro, determinato la scomparsa del gruppo finiano al Senato. Ha uno spiccato sapore terzopolista il discorso che il leader di Futuro e libertà ha riservato ai militanti dei circoli riuniti oggi a Roma per la prima assemblea nazionale. Assemblea che, ha annunciato il numero due Bocchino, sara' convocata ogni qualvolta "la macchina del fango" e le "deformazioni giornalistiche" attentino all'immagine del partito che, ambiziosamente, si propone di rappresentare "il vero centrodestra", rispetto a un Pdl che ha "fallito il suo progetto liberale". "Deparlamentarizzazione", l'ha definita Antonio Buonfiglio all'apertura dei lavori. EQUIDISTANZA DAI POLI - Ritorno alla base oltre "i veleni di Palazzo", la chiama Fabio Granata. Futuro e liberta', scottata dalla sconfitta parlamentare del 14 dicembre, sente l'esigenza di ripartire dalla base, dai militanti, dal territorio, per quella che Fini definisce "una sfida ambiziosa", quella di essere qualcosa di nuovo rispetto ai "due blocchi conservatori - centrodestra e centrosinistra - che non vogliono cambiare nulla". Equidistanza dai due poli dunque, in sintonia con il Nuovo polo progettato con l'alleato Pierferdinando Casini. Valutazione dell'operato del governo "provvedimento per provvedimento", nel merito, senza pregiudiziali politiche: quindi fine di quell'antiberlusconismo che Fini lascia volentieri al centrosinistra, "incapace di proporre suggestioni adatte a coinvolgere e appassionare l'elettorato che non si riconosce in Berlusconi". È la fine, sancita oggi al teatro Adriano di Roma durante la convention dei circoli di Futuro e libertà, di quello che Fini definisce "il continuo derby tra berlusconiani e antiberlusconiani" che blocca il paese. L'aggiustamento di rotta è particolarmente evidente nei confronti di quella presunta 'deriva a sinistra' che molti finiani, da Pasquale Viespoli che ha dissolto il gruppo al Senato ad Adolfo Urso (ancora in Fli malgrado il malessere) hanno addotto come motivo dell'abbandono. Se Bocchino infatti ribadisce che "la sinistra resta l'avversario da battere, con cui però ci si può sedere attorno a un tavolo per scrivere "regole condivise", non c'è traccia di questa apertura nelle parole di Fini che torna a definire frutto di "colossale infingimento", "allucinazione collettiva" o più probabilmente "malafede" o addirittura "provocazioni" la tesi di una deriva a sinistra di Fli. UN ALTRO CENTRODESTRA - "La nostra idea dell'Italia - scandisce Fini dal palco del teatro Adriano - è profondamente diversa, non solo dall'attuale centrodestra, ma anche dalla sinistra che, oltre all'antiberlusconismo, non è capace di mettere in campo nessuna idea di alternativa, anzi "costituisce uno dei due blocchi conservatori che paralizza il paese". Ambiente, welfare, giustizia, qualita' della vita, ricerca e istruzione: "non soltanto Berlusconi-Bossi ma anche Bersani-Di Pietro non si pongono questi problemi, ossessionati come sono dall'antiberlusconismo". "Essere un altro centrodestra non significa non essere alternativi alla sinistra - ha detto Fini - una sinistra che in questi anni è stata incapace di mettere in campo suggestioni in grado di appassionare e far partecipare gli italiani. La nostra sfida - ha aggiunto - è quella di far comprendere che siamo un'altra cosa rispetto all'attuale centrodestra, con un'altra idea dell'Italia anche rispetto al centrosinistra". OMINICCHI E QUAQUARAQUÀ - "Dopo il congresso non si deve dedicare un solo minuto in più a chi c'era e a chi non c'è più. Il problema non è quanti deputati abbiamo, se uno in più o uno in meno, ma conta soltanto avere le idee" - ha detto poi Fini - Quel che è avvenuto mi ha fatto pensare al romanzo 'Il giorno della civetta' (di Leonardo Sciascia, ndr) dove si dice che esistono uomini, ominicchi e quaquaraquà, ma - aggiunge - quel che è stato è stato".