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La missione umanitaria italiana è operativa

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«Siamoi primi a portare aiuti alimentari in Libia» ha detto il capo della Cooperazione Elisabetta Belloni - che è anche la coordinatrice della missione umanitaria italiana che vede impegnate sul campo Interni, Difesa, Salute, Croce Rossa e Protezione Civile - riferendosi alla missione diretta a Bengasi. Un intervento «non esente da rischi» vista la situazione sul campo, tanto che a bordo della nave «Libra», ha ammesso, ci saranno anche «alcuni elementi del reggimento San Marco». E non è affatto escluso che il pattugliatore che oggi dovrebbe lasciare il porto di Catania carico di generi alimentari, generatori di elettricità, potabilizzatori d'acqua e kit sanitari, possa esser scortato da un'altra nave della Marina. Nella fase operativa è anche la seconda parte della missione, quella in Tunisia. Ieri promeriggio il primo C 130 dell'Aeronautica militare è atterrato a Djerba per prendere a bordo una novantina di profughi da riportare in Egitto, dove è arrivato nella tarda serata. I voli, ha detto ancora la Belloni, diventeranno quattro al giorno a partire da sabato, anche se il ponte aereo organizzato da diversi paesi europei e già in corso da giorni, ha ridotto di molto le presenze nello scalo tunisino. Ancora tutta da definire, invece, la parte dell'operazione che riguarda l'intervento sul campo profughi di Ras Jedir: in un primo momento si era pensato alla realizzazione di una tendopoli per un massimo di diecimila persone, mentre ora sta prendendo piede l'ipotesi che l'Italia si limiterà a fornire soltanto una struttura di prima assistenza. «La pressione dei profughi al confine tra la Tunisia e la Libia è calata rispetto ai giorni scorsi - ha detto ieri la Belloni - ma temiamo che il flusso dalla Libia continui e riprenda nelle prossime ore e nei prossimi giorni». Versione confermata dai responsabili dell'Unhcr secondo i quali attualmente il flusso di profughi dalla Libia è passato dalle 1.500 persone all'ora di mercoledì al migliaio di persone di ieri - a causa del blocco imposto dagli uomini fedeli a Gheddafi - e nel campo di Ras Jedir non ci sono più di 8-9mila persone. Il team di esperti italiani e i responsabili delle organizzazioni umanitarie valuteranno dunque le reali necessità sul campo e solo a quel punto decideranno come muoversi. Non è affatto escludo infatti che da un momento all'altro alla frontiera possano ripresentarsi in migliaia e, dunque, l'ipotesi della tendopoli ritornerebbe d'attualità. Quel che è certo, dice ancora Belloni, è che «la crisi umanitaria è di dimensioni tali per cui è fondamentale che non solo l'Europa nel suoi insieme ma anche l'intera comunità internazionale uniscano le forze per rendere più efficaci le operazioni».

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