Fini fa il presidente guastatore

Tutto rimandato alla prossima settimana. La prima decisione di Gianfranco Fini dopo la lettera con cui i capigruppo della maggioranza hanno chiesto di sollevare conflitto di attribuzione sulla vicenda Ruby è una «non decisione». Il presidente della Camera ha infatti chiesto un approfondimento della Giunta per il Regolamento. Secondo Fini il caso in esame non è «riconducibile in maniera immediata ai precedenti». Per questo è necessario un supplemento di indagine «affinché la presidenza possa disporre di tutti gli elementi utili per definire la procedura da seguire». Orientativamente la Giunta dovrebbe essere convocata nel corso della prossima settimana e quindi, almeno per ora, si attende. Anche se nel motivare la sua scelta il leader di Fli ha anche spiegato che «la consolidata prassi procedurale in ordine ai conflitti di attribuzione» prevede che venga «riconosciuto all'Ufficio di presidenza un ruolo di "filtro": ragione per cui la valutazione negativa operata da parte di tale organo ha condotto in passato alla mancata sottoposizione della questione all'Assemblea». Insomma il percorso è piuttosto complesso. Fini ha chiesto alla Giunta un parere sull'iter da intraprendere. Il parere non è vincolante, ma l'organismo potrebbe comunque dire che l'Aula non deve esprimersi sul conflitto di attribuzione.   A questo punto la palla passerebbe all'Ufficio di presidenza della Camera che potrebbe confermare la valutazione negativa. E così la domanda nasce spontanea: cosa succederebbe? Lo stesso presidente di Montecitorio potrebbe decidere, ribaltando il giudizio dei due organismi, di sottoporre comunque la questione al voto dell'Assemblea. Ed è qui che i maligni individuano una strategia molto chiara di Fini che avrebbe l'occasione di dimostrare la sua imparzialità rimandando al mittente le richieste di dimissioni. Tatticismi che in questo momento sono comunque utili alla causa. Ma c'è un elemento che potrebbe cambiare questo scenario virtuale. Sia nella Giunta che nell'Ufficio di presidenza la maggioranza è in minoranza. Nel primo caso la partita è sul 6 a 5, nel secondo sul 10 a 8 (10-9 considerando che a breve dovrebbe entrare un esponente dei Responsabili). Ciò nonostante anche nell'opposizione c'è chi chiede a Fini di portare subito in Aula la richiesta del Pdl. «Se fossi il presidente della Camera - spiega il capogruppo del Pd al Senato Anna Finocchiaro - metterei in votazione la richiesta del Pdl sul conflitto di attribuzione. Quando si fa il presidente della Camera si ha il dovere di fare in modo che tutte le parti si sentano garantite, anche se si pensa il peggio possibile di quella proposta».   Mentre Pier Ferdinando Casini rivolge a Fini l'invito a «comportarsi come la moglie di Cesare, non facendosi guidare dalla sua antipatia o simpatia verso Silvio Berlusconi». Insomma, l'impressione è che alla fine, non solo la Giunta per il Regolamento potrebbe dire che sul conflitto di attribuzione deve necessariamente esprimersi l'Assemblea, ma il presidente della Camera potrebbe addirittura inviare subito la richiesta in Aula senza passare dall'Ufficio di presidenza. In ogni caso, la sua scelta viene duramente contestata dal Pdl. Per il segretario di presidenza della Camera Gregorio Fontana è una «decisione inutile. L'iter è già chiaro. La Costituzione assegna alla Camera e non all'Ufficio di presidenza il potere di sollevare conflitto di attribuzione». Anche Giuseppe Calderisi, membro della Giunta per il Regolamento non ha dubbi: «L'Aula è l'unico organo che ha titolo per pronunciarsi a nome della Camera salvo che vi sia una norma Costituzionale che stabilisca il contrario. L'Assemblea non può essere espropriata». E nella riunione della consulta Giustizia del Pdl l'avvocato del premier Piero Longo avrebbe mostrato ai colleghi l'ultima pagina degli atti della procura di Milano in cui i magistrati prospettano la possibilità che la Camera sollevi conflitto di attribuzione se non ritiene adeguata la linea adottata dai pm.