Vendola pronto a sfidare Bersani
Lo chiamano già «l'Obama bianco made in Terlizzì» e lui, Nichi Vendola, in quel ruolo sembra trovarsi veramente bene. I suoi lo acclamano. Gli gridano «sei bellissimo». In più di quattro mila sono accorsi al Tendastrisce di Roma per ascoltare entusiasti le parole di un uomo che, in più di un'ora e mezza di discorso, ha lanciato quella che ha tutta l'aria di essere una vera e propria Opa sul centrosinistra. Quando è salito sul palco ieri mattina è stato accolto dal rosso delle bandiere di Sinistra ecologia e libertà e lui, galvanizzato dallo spettacolo, si è sfogato. La voce gli si strozzava in gola per i troppi decibel e per l'emozione ma nonostante questo lui è andato avanto per la sua strada. Ha cercato di presentare il volto di una sinistra moderna che ha fatto tutti i conti con il passato. Rievoca il suo amore per Che Guevara ma, subito dopo, ricorda al popolo cubano che i temi della libertà, del pluralismo e della democrazia valgono anche per Cuba. Vendola, però, non vuole guardare al passato. Va oltre. Prende spunto dalla politica estera, come insegnava la scuola delle Frattocchie (quella dove si formavano i dirigenti del Partito Comunista Italiano, ndr) e da lì affronta i fatti della politica italiana. Sbeffeggia Berlusconi ritenuto il premier del «bunga-bunga» ma anche il «bigotto» che provocherebbe «sofferenza» ad un eventuale figlio omosessuale con le sue prese di posizioni contro i gay. Ma la sua battaglia con il Cavaliere non è il suo primo impegno. La sua prima sfida da vincere è quella contro il Pd, contro la sua strategia politica e soprattutto per difendere l'istituzione delle primarie ritenute essere «l'anima del cammino del nuovo centrosinistra. Non un capriccio ma sono forma e sostanza di una nuova stagione che vogliamo costruire». Il governatore della Puglia poi chiarisce di esser disponibile a dialogare con i Democratici, ma fissa una serie di paletti che considera ineludibili: «La crisi che abbiamo davanti non è solo economica ma è una crisi di democrazia nel presente e una crisi sociale che esploderà». Dunque, la ricetta che deve essere proposta dalla sinistra non puo' essere quella liberista, «perché il liberismo non è la medicina, ma è la malattia". Ed ecco perché, ripete, se pure è pensabile una grande coalizione di forze in chiave anti-berlusconiana che va da Sel a Fini, «non sarebbe pensabile un governo di legislatura che abbia dentro Sel e anche Andrea Ronchi, che da ministro firmò il decreto sulla privatizzazione dell'acqua». Una soluzione del genere, aggiunge, può avere l'orizzonte limitato di cambiare la legge elettorale o fare una legge sul conflitto d'interessi, ma «sarebbe strategicamente e tatticamente perdente». No a Mario Monti, dunque, o a Luca di Montezemolo, la sinistra è altro, deve tornare ad avere un orizzonte più ampio. E no anche a Grillo perché, spega Vendola, «la mia diversità da lui è totale. Non bisogna rappresentare in maniera tragicomica il nostro essere anime belle». La sua gente lo applaude. Si commuove. Gli offre standing ovation quando si è detto «orgoglioso di appartenere ad una regione che ha accolto a braccia aperte migliaia di profughi quando si è squagliata l'Albania». E lui, mentre si gode lo spettacolo, pensa già alla prossimo obiettivo. Un messaggio che capeggiava a lettere cubitale sul Palco del Tendastrisce: «Cambia l'Italia. Idee per un Paese migliore».