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segue dalla prima di RAFFAELE IANNUZZI (...) don Corinno Scotti, ha sussurrato, con la forza della profezia dei poveri di Dio, il mantra ormai sulla bocca di tutti: «Lei è un angelo, l'orco è tra di noi».

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Tuttoè materia, ormai. Tutto. E tutti. Alla fine, la macchina ingoia la stessa comunicazione, sottraendole l'oggetto specifico. Dunque, le parole disegnano una strategia della rassicurazione, ad uso e consumo di quanti si abbuffano dei particolari, dei dettagli, delle misure, delle cifre. Il diavolo è nei dettagli. Il criminologo più gettonato degli ultimi anni, il Prof. Bruno, consegna alla cronaca un frammento di esplorazione dell'umano che lascia interdetti. Osserva l'esperto: non si tratta di un omicidio di passione, qui c'entra il cuore. E giù, a declinare il numero delle coltellate tipico dell'omicidio passionale, rigorosamente distinto da quello di cuore, che contempla un altro numero di fendenti: il tutto, però, non è la somma delle parti. Intanto, perché le «cornici» interpretative fanno le pulci ad una vita spezzata. Capisco: trattasi di «professionalità», ma sarà pur lecito smarcarsi rispetto a questo accento sulla geometrica violenza elevata a feticcio marcio. Infine: le parole sono dure come pietre, e le pietre servono a costruire cattedrali di verità umane. Allora, il «cuore» qui è un intruso. Chi massacra la vita, la bella vita, è un vampiro che succhia sangue sano. Il cuore cerca la gratuità e la donazione, mentre l'orco attendeva Yara al varco del quotidiano, prefigurando per lei la bestialità della lama di un coltello. L'unico segno dell'azione di un cuore perso alla vita da autentico uomo: una lama. Accanto a questa brutalità, c'è l'altro dettaglio che, indubbiamente, è destinato a diventare pretesto per guerre tra faziosi: la ricerca fatta prima del 12 dicembre nell'area vicina al punto in cui è stata ritrovato il corpo di Yara. Sono i soliti codici, strategie della rassicurazione. Perché la polemica tardiva rassicura sempre chi non ama la realtà e la verità. Rituali decotti, che stanano la coscienza del Direttore della Rai, Masi. Quest'ultimo chiede che cessi l'accanimento mediatico su questa tragedia. Nel rispetto dei contenuti del Codice Tv e Minori, con particolare riferimento ai programmi in onda nella fascia protetta, i cosiddetti contenitori pomeridiani. Ma, quando la realtà scompare dalla scena e il dolore non riesce ad albergare come il cemento della coscienza e il motore soprannaturale e insieme umanissimo dell'intelligenza, anche gli atti giusti ed equilibrati rischiano di nutrire il corpo sfatto della retorica. Ecco il dramma della cosiddetta «comunicazione»: scomparsa la realtà, tutto è orpello, perfino la verità. Tutti «analizzano» qualcosa, ma pochi abbracciano la realtà smembrata di un corpo innocente, con umile gratuità. Senza pestare acqua nel mortaio e coltivare sensi di colpa solo perché non allineati al «così fan tutti» della tribù iper-mediatica. Se qui non passa qualcosa di nuovo e pulito, capace di intelligenza ed accettazione del reale, nella sua nudità inattingibile, tutto muore. Un'altra morte da registrare: la verità che pur vive tra noi. Accanto all'orco.

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