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Nessun problema per ora nel caso di un eventuale congelamento delle quote che il governo libico detiene nelle grandi aziende italiane.

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Icda infatti continuerebbero a lavorare seguendo il principio delle decisioni prese a maggioranza. Dunque, ad esempio, nel consiglio di amministrazione della banca di Piazza Cordusio, le decisioni continuerebbero a essere prese seguendo le normali valutazioni di convenienza stabilite. Per ora l'attuale rappresentante della Banca Centrale Libica (che ha in portafoglio il 5% di Unicredit), Farhat Omar Bengdara ha tenuto una linea di sostanziale condivisione delle strategie dell'istituto. Diverso sarebbe il caso se il nuovo corso politico di Tripoli portasse a sedere nel board un membro ispirato da valori ad esempio più vicini al fondamentalismo islamico. Le divergenze potrebbero emergere in maniera più netta e, probabilmente, si dovrebbero ritarare obiettivi e relazioni nel nuovo contesto. Si tratta ovviamente di ipotesi marginali ma comunque verificabili. Da segnalare che Bengdara da qualche giorno è irreperibile. Sempre sulle quote libiche si è espresso anche il presidente di Bpm e Impregilo, Massimo Ponzellini, per il quale anche se dovesse cambiare il governo in Libia, le banche e le società italiane che hanno soci libici non devono temere. È ragionevole ipotizzare, ha osservato, che se in Libia la «governance» resterà l'attuale, «le persone presenti nel board saranno confermate»; se sarà un governo diverso, bisognerà vedere se «avranno fiducia in queste persone o le cambieranno». Per Ponzellini un eventuale nuovo governo libico potrebbe decidere di mettere in vendita immediatamente azioni sul mercato. Ma io credo - ha rimarcato - che se ci fosse un cambio, chiunque arrivi cercherebbe di avere una immagine affidabile. E credo che vendere le azioni dell'Unicredit non sia una azione che dà l'esempio di affidabilità. Oltretutto - ha concluso - pigliandosi pure una perdita forte». Intanto l'ad dell'Eni, Paolo Scaroni ha smentito presenze libiche nel capitale della società: «Questa è una leggenda metropolitana, non esistono a libro soci, per quello che consta a noi». Quanto alla dottrina il professore di diritto commerciale della Sapienza Carlo Angelici: «Il congelamento dei beni libici deciso dalla comunità internazionale non comporta da un punto di vista giuridico formale alcun problema al funzionamento dei Cda delle aziende interessate». Gli amministratori però in presenza di una situazione non chiara potrebbero essere portati ad assumere atteggiamenti di maggiore prudenza in quanto i beni congelati prima o poi saranno scongelati e qualcuno, potrebbe chiedere conto dell'operato».

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