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L'Egitto blocca Mubarak

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Divietodi espatrio e congelamento dei fondi. Rinchiuso nel suo «buen retiro» di Sharm El Sheikh Hosni Mubarak è ormai un «prigioniero» dello Stato che ha governato fino all'11 febbraio. Mentre si rincorrono le voci, smentite, che lo danno già rifugiato in Arabia Saudita, la magistratura egiziana ha deciso di intervenire in maniera decisa per colpire l'ex raìs. L'ex presidente, la moglie Suzanne, i figli Gamal e Alaa e le rispettive consorti non potranno lasciare il Paese, mentre vengono immediatamente congelati i fondi segreti di tutta la famiglia nascosti nelle banche locali. La decisione fa seguito a quella presa il 21 febbraio che prevedeva il blocco dei beni del clan all'estero e verrà esaminata dalla Corte d'Assise sabato. Di pari passo la speciale autorità contro gli arricchimenti illeciti ha stabilito di togliere il segreto bancario sui conti dell'ex raìs e dei suoi famigliari. Secondo il quotidiano Al Ahram, la famiglia Mubarak è titolare di vari conti segreti in Egitto, in particolare su quello dell'ex first lady ci sarebbero 147 milioni di dollari, e cento su ognuno dei conti intestati a Gamal ed ad Alaa. L'ex deputato Mustafa Bakri, indipendente, ha presentato una denuncia accusando moglie e figli del raìs di avere conti segreti nei quali avrebbero depositato circa 38 milioni di euro in lire egiziane e 147 milioni di dollari. Il 5 marzo, inoltre, si aprirà il processo contro l'ex ministro dell'Interno Habib el Adli per corruzione e malversazione. Mentre il giorno successivo si presenteranno davanti alla Corte d'Assise l'ex ministro per il Turismo Zohar Garana e quello per l'Edilizia Ahmed Al Maghrabi. Martedì 8 marzo sarà invece la volta di Mohamed Rachid, ex ministro dell'Industria e del Commercio riparato a Dubai e che alcune fonti danno ora in viaggio verso gli Usa, e dell'ex segretario generale del partito di Mubarak Ahmad Ezz. L'affondo della magistratura dovrebbe far piacere ai giovani della rivoluzione che non sembrano disposti a mollare il loro obiettivo principale: fare dimettere il primo ministro Ahmad Shafiq, nominato da Mubarak all'inizio della rivolta per tentare di dare un segnale di rinnovamento alla piazza. Anche ieri centinaia di giovani hanno presidiato piazza Tahrir per dare seguito alla richiesta del 25 gennaio che dava 48 ore al Consiglio supremo delle forze armate per rispondere.

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