Il petrolio del Raìs frena la ripresa
La crisi libica rischia di far saltare il tappo del petrolio. La produzione di Tripoli è infatti scesa sotto il 50% dei valori precedenti alla rivolta. Un quantità ingente la cui mancanza è stata già scontata dalla speculazione con aumenti della benzina che ieri hanno sfiorato i 2 centesimi da parte di Eni, Shell, Tamoil e TotalErg. E la situazione di stallo rischia di durare a lungo. Almeno a giudicare dalle dichiarazioni che ieri sono arrivate dai contendenti a Tripoli. Da una parte le parole di Shukri Ghanem, capo della National Oil Co., società petrolifera statale, e di fatto il ministro del Petrolio libico, che ha risposto alle tesi di Guenther Oettinger, commissario per l'Energia dell'Uea che aveva affermato che Gheddafi non controlla più la produzione di greggio. Ghanem ha replicato: «Lui non controlla il petrolio. Potete credere a chiunque vogliate, ma io sono il presidente della compagnia petrolifera nazionale e conosco ciò che produciamo». Lo stesso ha però ha ammesso che la produzione in alcuni siti, compresi quelli dell'area di Hamada, sia diminuita, ma ha attribuito le cause all'esodo dei lavoratori. Non a caso richiamati in terra libica: «Penso però che tutti gli operai saranno al sicuro in caso di ritorno». Allo stesso tempo gli insorti di Tobruk hanno confemato sempre ieri la riprese delle esportazioni di petrolio dalla Libia orientale con la partenza di una petroliera per la Cina. Una mancanza di certezza che alimenta il fuoco della speculazione. Anche se ieri la seduta di contrattazioni a New York si è conclusa con il barile in calo, al di sotto della soglia dei 97 dollari al barile. Il mese di febbraio si è comunque concluso con un rialzo del 5,2%. A raffreddare i mercati è stata, anche questa volta, l'Arabia Saudita, pronta a far fronte alle carenze del mercato. Una buona notizia subito contraddetta dall'Iran, presidente di turno dell'Opec, che si è espresso in maniera contraria a ogni ipotesi di aumento della produzione. Il momento di calma insomma potrebbe essere solo transitorio. Il petrolio verso i 100 dollari al barile ha già riversato una buona parte del suo potenziale deflagrante sui prezzi con un innalzamento dei listini dei trasporti e dei beni industriali. Insomma l'inflazione si allontanerà, con molta probabilità per lungo tempo, dalla soglia di riferimento del 2%. In Italia per ora si getta acqua sul fuoco. «Abbiamo le risorse disponibili», ha garantito l'a.d. di Enel, Fulvio Conti, cui ha fatto eco il numero uno di Eni, Paolo Scaroni: «La Libia rappresenta una piccola parte del nostro consumo. Siamo anche vicini alla fine della stagione invernale, quindi non vedo preoccupazioni», ha sottolineato evidenziando che la produzione del Cane a sei zampe in Libia resta a 120.000 barili al giorno (dimezzata rispetto ai ritmi normali). «Le produzioni si fermeranno quando avremo riempito gli stoccaggi; - ha spiegato - l'estrazione di petrolio presto la fermeremo, a meno che non ripartano le spedizioni».