Perde i pezzi e attacca il Cav
Fini è tornato a sguainare la spada. La sua, ormai, è diventata una vera e propria Crociata: liberare il Paese dall'egemonia del Cavaliere. Una missione talmente importante da far dimenticare al presidente della Camera che il suo ruolo istituzionale prevede un approcio super partes alle vicende politiche italiane. Invece, per Fini, questo non vale. A lui ormai è consentita ogni libertà. Anzi, per aiutarlo nella campagna anti-premier i rappresentanti dell'antiberlusconismo militante fanno a gara pur di averlo ospite nelle loro trasmissioni. Così, telecamere e riflettori «compiacenti» sono tutti puntati sul presidente della Camera pronto ad utilizzare i media per veicolare l'ennesimo attacco al Cav. Un «tour» iniziato ieri sera quando Michele Santoro ha mandato in onda, durante la consueta puntata di Annozero, un'ampia intervista al leader di Fli. Una chiacchierata durante la quale Fini ha dato libero sfogo al suo astio contro il Cav. Ha iniziato accusandolo di sentirsi onnipotente e ricordargli che «essere eletti dal popolo, anche se con il 99,99% dei voti, non comporta sentirsi al di sopra della legge e quindi unto dal signore e coperto da una stabile impunità». Poi è salito in cattedra continuando i suoi affondi: «Berlusconi si rilegga il secondo comma dell'articolo 1 della Costituzione che recita "la sovranità appartiene al popolo che la esercita nei limiti e nelle forme della Costituzione"». E così lo scontro si sposta proprio sulla Costituzione tanto che, mentre Farefuturo (la fondazione presieduta proprio da Fini) annuncia di voler scende in piazza il 12 marzo per difenderla, il leader di Fli la evoca riferendosi alla riforma della Consulta ipotizzata dal premier: «Berlusconi conosce la Costituzione e sa che se si cambia a colpi di maggioranza e poi viene attivato il referendum, qualche volta, come già ci è accaduto, può esserci una bocciatura». Un avvertimento? Forse. Una cosa però è certa: Fini, per quanto riguarda le riforme è disposto a tutto, anche a una «santa alleanza» con Vendola: «Ci dovrebbe essere non una lista comune alle elezioni, ma un'intesa nello stesso momento in cui si ravvisa la necessità di riformare il Paese». Poi fa retromarcia e torna a calcare la mano contro il premier: «Fli è una forza che si colloca nell'ambito dei valori del centrodestra che secondo noi sono mortificati o dimenticati da Berlusconi». Valori ai quali si rivolge rievocando i 150 anni dell'Unità d'Italia: «Io mi rifiuto di pensare che un elettore di centrodestra possa sopportare a lungo che la Lega irrida perfino la festa dell'Unità nazionale». Un'ultima goccia che ha fatto perdere la pazienza al leader del Carroccio, Umberto Bossi, pronto a scendere in campo per difendere il premier: «Fini usa le frasi che diceva la sinistra vent'anni fa». Nel corso della puntata poi il presidente della Camera ha alternato a vecchi slogan come quello nel quale si dice pronto alle elezioni prendendo però «atto che il Governo ha la maggioranza e che Berlusconi non ha intenzione di restituire la parola al popolo sovrano», a nuove invettive come quella riservata al processo breve: «Silvio Berlusconi vuole approvare il ddl sul processo breve non perché vuole la certezza dei tempi dei processi ma solo perché è interessato alla retroattività di questa norma». Ma l'attacco mediatico non finisce qui. Infatti per la settimana prossima Fini si sta preparando ad altre due «ospitate»: una a Ballarò da Floris e l'altra da Lucia Annunziata. Infine, per non farsi mancare nulla, Fini ha pensato anche alla carta stampata tanto da rilasciare al settimanale L'Espresso, in edicola oggi, un'altra dura intervista. L'ennesimo tentativo per screditare il premier imputandogli di alimentare lo scontro tra le istituzioni: «Berlusconi alza muri per far dimenticare i suoi fallimenti, scava fossati contro i nemici: i comunisti, i giornalisti, i magistrati, gli alleati infedeli, Santoro, Fini... Berlusconi ha delle istituzioni la stessa idea che ha del Pdl: una concezione proprietaria che lo porta ad attaccare i giudici, la Consulta, la Camera, fino a lambire il Quirinale». Eppure neanche lo sfogo contro il premier riesce a far dimenticare a Fini i grandi problemi di Futuro e Libertà. Un partito appena nato che, come racconta Fini nell'intervista, sta compiendo «una traversata nel deserto a piedi», il cui «esito è tutt'altro che scontato». «In gioco - spiega - c'è molto di più di un gruppo parlamentare: c'è un progetto politico ambizioso e, banalità, il futuro della persona che anima il progetto». Una dichiarazione che dimostra come Fini non si senta al riparo di nuove defezioni tanto da costringerlo a mettere le mani avanti attaccando chi ha detto addio. L'emorragia è stata «un delirio: frutto di allucinazione collettiva, o di malafede». Anche se sui motivi per i quali i parlamentari lasciano Fli, sembra ridimensionare le accuse: riferendosi al potere finanziario ha detto che non alludeva alla compravendita: «se ci fosse la prova la denuncerei - ha aggiunto - In Parlamento Berlusconi è più forte perché qualcuno si fa tentare dalla nostalgia e torna alla casa madre».