segue dalla prima di MARIO SECHI La democrazia? È un metodo, non il valore.
Ognunotroverà il metodo più congeniale alla propria cultura, società e storia. I lettori de Il Tempo hanno capito benissimo quello che la diplomazia internazionale stenta a masticare. Non c'è futuro se non si aiutano i Paesi vittime della dittatura e del sopruso a crescere con i propri mezzi. Occorre formare una nuova classe dirigente. Allevarla in Occidente e poi esportarla, le università americane e inglesi l'hanno fatto per decenni, è ora che se ne occupi anche l'Europa continentale e l'Italia. Finita l'emergenza umanitaria, messo insieme un piano militare credibile e di lunga durata, occorre che a Bruxelles aprano il portafoglio per varare - insieme agli Stati Uniti - un piano Marshall per il Medio Oriente. Parola d'ordine: sviluppo. Farà bene a molti giovani che invece di fare i precari nelle nostre scuole - se ne sono capaci - andranno a formare classe dirigente, professionale, culturale all'estero. Ribadisco: se ne hanno voglia, perché per fare cose grandi, occorrono spiriti altrettanto grandi. In cinese c'è una parola che indica contemporaneamente due significati: crisi e opportunità. Ecco, dalla caduta del Muro del Nord Africa noi possiamo trarre un doppio insegnamento: possiamo vedere solo la crisi oppure trasformare quest'ultima in opportunità. È un richiamo che vale soprattutto per l'Italia. Ho ascoltato con attenzione le dichiarazioni del governo, della maggioranza e dell'opposizione. Sono tutte al di sotto del minimo sindacale, per non dire altro. Il governo non ha espresso finora una sola grande idea per guidare questo processo. Si preoccupa, giustamente, di cercare l'appoggio Ue per fronteggiare l'ondata di migranti. Però il problema è proprio questo: non riusciamo a uscire da una logica da «protezione civile». Questa non è una cosa da funzionari di prima fascia. È materia da statisti con una grande visione. Da aquile e non da polli. Comincio a pensare che Berlusconi abbia perso lo smalto e che chi gli sta intorno non conosca il mondo al di là di quel che si mormora tra Montecitorio e Palazzo Chigi. Caro Presidente, fu lei a proporre il piano Marshall per il Medio Oriente, se lo ricorda? Gheddafi è finito, prenda il toro per le corna e rilanci almeno la sua verve diplomatica. Quella, tra un cucù e una barzelletta, non le è mai mancata. Lo so, ha molti altri pensieri, e forse pure poca voglia visto l'accerchiamento a cui è sottoposto. Ma è lei che sta a Palazzo Chigi e penso che se cominciasse a leggere con curiosità i messaggi che scrivono i lettori de Il Tempo, be', sono certo che le verrebbe voglia di uscire da Palazzo Grazioli, prendere un aereo, fare un summit internazionale con gli altrettanto incerti suoi partner e passare alla Storia non come il Silvio del Bunga Bunga - cosa che lei non merita - ma come uno dei leader che ha messo il primo mattone di una nuova casa del Mediterraneo. I fichi arrivavano freschi da Cartagine al Senato romano anche con le triremi, figuriamoci con i voli low cost. Il mondo s'è ristretto, il nostro orizzonte però ha ancora bisogno di essere allargato. Non ci servono più immigrati, ma più alleati. Non ci servono masse di disperati sui barconi, ma partner economici che crescono in patria con noi e grazie a noi. Ecco perché è urgente un'operazione militare in Libia e non solo. Dobbiamo invertire la rotta: noi da loro con le nostre navi e la nostra libertà, non loro da noi con le carrette del mare piene di uomini, donne e bambini. Non immigrazione, ma cooperazione.