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Il Brent sfiora i 120 dollari L'Arabia Saudita rassicura

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IlBrent in apertura di giornata ha sfiorato i 120 dollari al barile per poi ripiegare a 114 dollari con un guadagno che supera il 2,5% (+45% in un anno) dopo alcune assicurazioni giunte dall'Arabia Saudita. Riad ha avviato colloqui con le compagnie europee per verificare i bisogni e coprire il buco creato dai mancati approvvigionamenti libici. A raffreddare le tensioni, in parte, anche l'annuncio del gruppo spagnolo Repsol sulla riduzione (e non sull'interruzione) delle proprie attività in Libia, dove produceva 160 mila barili di greggio al giorno. Nonostante il rimpatrio di buona parte del suo staff, tuttavia, la produzione di Repsol nel paese nordafricano è pari a circa la metà di quella pre-crisi. A tenere alti i prezzi, secondo il New York Times, la possibile concorrenza delle compagnie europee costrette dal buco nelle forniture libiche ad approvvigionarsi nelle prossime settimane in Algeria e Nigeria, due dei principali fornitori di greggio degli Usa. Si rischia, secondo il Nyt, lo scoppio di una «guerra di offerte» per il petrolio di migliore qualità, come appunto quello libico, più adatto alla produzione di gasolio per autotrazione, più diffuso in Europa che negli Stati Uniti. Il petrolio saudita è di qualità più scarsa rispetto a quello leggero e dolce di Tripoli: questo porta ritardi e costi di raffinazione che fanno crescere il prezzo dei carburanti. Gli Usa più che la Libia seguono le tensioni in Algeria, settimo fornitore degli Usa. Resta da capire l'impatto sull'economia. Il New York Times ieri scriveva che ogni 10 dollari di aumento del prezzo del petrolio il pil Usa perde lo 0,5% nei due anni successivi. L.D.P.

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