Un gruppo del Ppe per rinforzare il Cav

Chi ha incontrato Fini negli ultimi giorni, nelle ultime ore lo ha trovato nel suo ufficio. Sorridente. Baldanzoso. Chi se lo immagina attaccato a telefono supplicante e accomodante verso coloro che pensano di andare via, ha sbagliato persona. Non appena si comincia a parlare di politica, il presidente della Camera s'accende una sigaretta, sfumacchia tanto per ostentare il suo aristocratico distacco dalla compravendita di questi giorni. Chi lo ha visto ne ha tratto una convinzione chiara. Ormai ha in testa un solo obiettivo: il Quirinale. La strada per arrivarci è attendere che la Boccasini finisca Berlusconi, aspettare che gli altri processi lo seppelliscano definitivamente e poi prepararsi al voto non prima dell'anno prossimo. In quel caso la scommessa è aderire alla proposta di Santa Alleanza lanciata da D'Alema con Pd, Idv e Sel ma non con l'Udc visto che Casini s'è sfilato. I finiani sono convinti che Pdl e Lega da soli non vinceranno e dunque Fini sarà pronto a giocare il suo ruolo di riserva della Repubblica. Come un Giuliano Amato. O come fu Carlo Azeglio Ciampi. È chiaro che se questa è la strada, un partito non serve. Non è necessario. Men che meno occorre che sia grande e forte. Anzi, tutto sommato meglio che sia piccolo e innocuo – o magari anche esiguo – ma ben sostenuto dai poteri che contano come fu il partito d'Azione. È questa la strategia finiana? Non importa. Quel che conta è la sensazione che ne hanno tratto coloro che sono attorno a lui, finanche quelli che storicamente sono stati con lui, i suoi collaboratori. Perché saranno le sensazioni e le impressioni a dettare le prossime mosse. A dirla tutta, le stanno già scandendo. Basta vedere che uno degli ultimi ad andare via da Fli è stato Luca Bellotti. Perché ha capito che dentro Fli per lui non c'era futuro. E che a lui Fini non ha tempo da dedicare oltre il minuto e mezzo al mese. La stessa sensazione attraversa gli animi di tre big futuristi: Adolfo Urso, Andrea Ronchi e Pasquale Viespoli. Anche loro sono fuori da Fli. Devono solo scegliere tempi e modi per consumare lo strappo. Il trio si vede e si incontra costantemente e si muove all'unisono. Siccome non si tratta di tre deputati qualunque alla prima legislatura (sono un ex viceministro, un ex ministro e un ex sottosegretario) puntano a fare qualcosa di nuovo. Una nuova formazione politica. Fare cioé quello che Fli doveva essere, non è più, e si capisce che non sarà. Un partito del centrodestra, legato alla tradizione europea. Dunque stanno lavorando a costituire un gruppo del Ppe nel Parlamento italiano: nelle settimane scorse s'era pensato a un gruppo pro-Vita ma il piano è lo stesso. Si comincerà al Senato dove i numeri sono più facili e dove Viespoli potrebbe portare con sé, nella migliore delle previsioni, fino a otto degli attuali senatori di Fli. Oggi i finiani di palazzo Madama si riuniranno e da lì potrebbe uscire una prima indicazione sul futuro della maggioranza. L'obiettivo, al quale sta lavorando anche il sottosegretario Andrea Augello, è di costruire la famosa terza gamba del centrodestra che però non sia solo un aggregato «numerico» come i Responsabili. «L'idea – spiega un senatore – è di fare un gruppo che abbia alle spalle un progetto politico vero, liberale, riformatore. E che a quel punto farebbe da traino anche per la Camera». Una formazione nuova di zecca, capace di attrarre anche qualche moderato dell'Udc e del centrosinistra. Ma all'interno, proprio per non limitarlo ai confini angusti degli ex finiani, entrerebbero anche alcuni esponenti del Pdl. Probabilmente anche Pisanu. L'obiettivo è di arrivare almeno a una quindicina di senatori in modo da avere anche rappresentanti nelle commissioni e diventare così determinanti. Un «laboratorio» insomma, da replicare poi anche alla Camera. E a quel punto quota 325 deputati per Berlusconi sarebbe facilmente raggiungibile. Un progetto ambizioso. Che potrebbe incrociare le attenzioni della Chiesa. Il Cavaliere, incontrando il cardinale Bertone la scorsa settimana, è rimasto favorevolmente colpito. Come se il Vaticano lo considerasse «più vittima che reo». D'altro canto Oltretevere c'è una certa apprensione verso i giudici italiani, quelle stesse toghe che hanno disposto di far togliere i crocefissi dalle aule delle scuole, hanno decretato che Eluana Englaro potesse morire (in settimana riparte l'iter della legge sul testamento biologico e già si potrebbero vedere i primi segnali) e prima ancora che si potesse staccare la spina a Welby. Insomma, c'è una certa allerta per quella che viene definita un'ondata laicista che avanza anche grazie alle toghe che Fini interpreta. E anche per questo Casini ha preso le distanze. Poi c'è una questione squisitamente religiosa. Spiega una forte vicina alla segreteria di Stato: «Al di là delle questioni giudiziarie, si vuole intentare un processo moraleggiante di matrice puritana. Che non ha nulla a che vedere con la morale cattolica che invece prevede l'errore, lo sbaglio, la debolezza umana, il peccato e quindi il perdono e la redenzione».